Allargare le maglie dell’insindacabilità dei parlamentari non è più un tabù. Quella che è una prerogativa costituzionale di deputati e senatori (non poter essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse nell’esercizio delle loro funzioni) potrebbe essere usata come scudo anche fuori dalle aule parlamentari e a prescindere da qualunque collegamento con l’attività svolta nell’esercizio del mandato. Fino a considerare opinioni legittimamente espresse persino commenti e offese sui social.
Allargare le maglie dell’insindacabilità dei parlamentari non è più un tabù. Lo prevede una proposta di Pittalis in Giunta alla Camera
La questione è stata sollevata dalla Giunta per le autorizzazioni della Camera, chiamata ad esprimersi sul caso del senatore Alessandro Morelli (nella foto), querelato in due occasioni dal sindaco di Milano Beppe Sala, quando l’esponente leghista, all’epoca deputato, aveva pubblicato post e video ritenuti diffamatori dal primo cittadino milanese. La prima volta, il 18 marzo 2019, Morelli aveva pubblicato sulla propria bacheca Facebook una vignetta recante il seguente commento: “Sala annuncia la restituzione dei soldi sauditi, chiedeva silenzio perché aveva le mani nella marmellata!”.
La questione sollevata durante l’istruttoria sul leghista Morelli. Querelato per due post su Facebook dal sindaco di Milano Sala
Il riferimento era al possibile ingresso del Governo dell’Arabia saudita nel Consiglio di amministrazione del teatro alla Scala, in cambio di una erogazione in denaro (tre milioni di euro per cinque anni). L’11 maggio 2021 (alla vigilia dell’udienza preliminare conseguente alla prima querela) sempre sulla propria pagina Facebook Morelli pubblicava un video intitolato “Sala mi ha querelato. Vuole mettermi il bavaglio in Tribunale”, nel quale sosteneva: “Insomma domani si terrà la prima udienza, una prima udienza in Tribunale, un Tribunale che secondo l’ex capo dei vigili di Milano, Antonio Barbato, come palesato anche in alcuni servizi de Le Iene (…) avrebbe ottenuto da Giuseppe Sala (…) qualche favorino e – sempre secondo le tesi rilanciate dal Barbato, ex capo dei vigili di Milano fatto fuori, e da Le Iene – ben ricambiato dal Tribunale… Beppe Sala ha annunciato querela anche in questo caso… peccato che lo faccia con l’avvocatura del Comune, che paghi tu! Insomma, lui si arrabbia con qualcuno, e tu gli paghi gli avvocati… bravo Beppe…”.
Nell’istruttoria in corso presso la Giunta per le autorizzazioni di Montecitorio il relatore è il deputato di Forza Italia Pietro Pittalis (nella foto). Ed è lui che, di fatto, propone di “allargare” le maglie dell’insindacabilità parlamentare. Perché considerarla “rigidamente subordinata alla necessaria presenza di un atto parlamentare precedente, del quale il deputato potrebbe solo limitarsi a divulgare extra moenia i contenuti, necessita di un deciso aggiornamento che tenga conto dello ‘spirito dei tempi’ (Zeitgeist) e segnatamente dell’evoluzione delle modalità della comunicazione politica”.
Risultato: secondo Pittalis, le affermazioni di Morelli (extramoenia) non sono altro che la conferma di quanto era stato già sostenuto in sede parlamentare (intramoenia) sullo stesso argomento. Ergo, “le affermazioni pronunciate nel video dell’11 maggio 2021 appaiono sostanzialmente riproduttive del contenuto di precedenti atti di sindacato ispettivo”. Peccato, però, che ad esprimersi in aula non era stato Morelli, ma il suo collega di partito Igor Iezzi.
Per questo, Carla Giuliano del Movimento 5 Stelle fa notare non è “possibile menzionare utilmente le interrogazioni presentate dall’on. Iezzi, appartenente al medesimo Gruppo parlamentare dell’on. Morelli, in considerazione della consolidata giurisprudenza costituzionale che esclude qualsiasi forma di ‘insindacabilità di Gruppo’…”.
Più in generale, la deputata pentastellata, “richiama tutti i colleghi a valutare attentamente quando ricorrano le condizioni per l’applicazione dell’articolo 68, primo comma, della Costituzione. Diversamente si rischierebbe di svilire la portata e la funzione di tale importante prerogativa costituzionale”. Il rischio, infatti, è di sdoganare le offese a mezzo social di deputati e senatori che potrebbero giustificarsi sostenendo di aver ripetute cose già dette da altri in Parlamento. Trasformando l’insindacabilità in una sorta di immunità mascherata.