Prima il rinnovato cordoglio per le vittime, poi la difesa a spada tratta delle scelte del governo in relazione alla strage di Cutro in cui hanno perso la vita almeno 73 migranti. È andata come da programma, ossia con una completa auto assoluzione, l’attesa informativa urgente di Matteo Piantedosi davanti alle Camere. Del resto, malgrado il pressing delle opposizioni, nulla faceva presagire a qualcosa di diverso. Così nel suo intervento in Parlamento è tornato a puntare il dito sugli scafisti e sull’assenza di segnalazioni di allarme da parte di Frontex. Insomma l’Italia, questa la tesi, non ha responsabilità nella tragedia immane.
Il ministro dell’Interno Piantedosi esprime cordoglio per le vittime. Ma l’avvistamento di Frontex fu sottovalutato
“Voglio rinnovare prima di tutto il cordoglio, mio personale e di tutto il Governo, per le vittime di questo ennesimo, tragico, naufragio”. Inzia con queste parole l’intervento del ministro dell’Interno che proprio in relazione ai migranti ha fatto l’unico mea culpa della giornata ammettendo di aver usato parole che sarebbero state fraintese. “Facevo riferimento (alla gravità della condotta criminale degli scafisti, ndr) quando, con commozione, sdegno e rabbia e negli occhi l’immagine straziante di tutte quelle vittime innocenti, ho fatto appello affinché la vita delle persone non finisca più nelle mani di ignobili delinquenti. In nessun modo volendo colpevolizzare le vittime”.
E ancora: “Mi dispiace profondamente che il senso delle mie parole sia stato diversamente interpretato”. Insomma il ministro ha provato a mettere una pezza a quanto detto nell’immediatezza del disastro quando si era lasciato andare dichiarando: “La disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli. In queste condizioni non dovevano partire”.
Il titolare del Viminale si è auto assolto davanti al Parlamento
Quel che è certo è che su tutto il resto il titolare del Viminale si è auto assolto. “Sulla base degli elementi acquisiti dal ministero della Giustizia, gli scafisti hanno deciso di sbarcare in un luogo ritenuto più sicuro e di notte, temendo che nella località preventivata vi potessero essere dei controlli. Il piano prevedeva l’arrivo a ridosso della riva sabbiosa, con il successivo sbarco e la fuga sulla terraferma” spiega Piantedosi.
Ma la manovra non è andata a buon fine visto che “a circa 200 metri dalla costa, erano stati avvistati dalla barca dei lampeggianti provenienti dalla spiaggia e gli scafisti, temendo la presenza delle forze dell’ordine, hanno effettuato una brusca virata nel tentativo di cambiare direzione per allontanarsi dal quel tratto di mare”. Il problema è che “in quel frangente, la barca, trovandosi molto vicino alla costa ed in mezzo ad onde alte, urta, con ogni probabilità, il basso fondale (una secca) e per effetto della rottura della parte inferiore dello scafo, comincia ad imbarcare acqua”.
Insomma un disastro causato dalle spericolate azioni dei trafficanti di uomini che non si poteva prevedere in quanto da Frontex era giunta soltanto una “segnalazione circa la presenza dell’imbarcazione” ma “non era stato segnalato alcun pericolo” malgrado “sul luogo era presente un’unità navale della Guardia di Finanza dedicata all’evento che avrebbe potuto svolgere attività di soccorso”.
Insomma, a suo avviso, sarebbe mancato il necessario allerta dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) che avrebbe dato il via ai soccorsi e, forse, evitato il disastro. Ma tutto cambia verso le 4 di domenica quando, racconta il ministro, “sull’utenza di emergenza 112 giunge una richiesta di soccorso telefonico da un numero internazionale che veniva geolocalizzato dall’operatore della Centrale operativa del Comando provinciale dei Carabinieri di Crotone e comunicato, con le coordinate geografiche, alla Sala Operativa della Capitaneria di Porto di Crotone. È questo il momento preciso in cui, per la prima volta, si concretizza l’esigenza di soccorso per le autorità italiane”.
Poi, a conclusione del suo intervento, Piantedosi ha tenuto a ribadire che “il quadro normativo nazionale, peraltro sottoposto a vincoli di natura internazionale con specifico riguardo alla materia del soccorso in mare, non è assolutamente stato modificato dall’attuale governo” e “dunque, sostenere che i soccorsi sarebbero stati condizionati o addirittura impediti dal governo costituisce una grave falsità che offende, soprattutto, l’onore e la professionalità dei nostri operatori impegnati quotidianamente in mare, in scenari particolarmente difficili”.