di Gaetano Pedullà
Per costruire il Colosseo non basta il cacciavite. E a un leader politico navigato come Enrico Letta non può sfuggire che rimettere in piedi l’Italia è un’opera ben più ciclopica di cento Anfiteatro Flavio, uno sull’altro. Per questo la legge di stabilità presentata da Palazzo Chigi è incomprensibile. Davvero vuole curare con l’aspirina un’economia malata cronica. E ieri, fatti i conti, imprese e sindacati hanno bocciato senza appello la manovra. Delusi i piccoli imprenditori, con il presidente di Rete Imprese Italia Ivan Malavasi che parlava di legge insufficiente per affrontare la difficile situazione del Paese. Furibondo pure il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, tradito dalla promessa di ridurre il cuneo fiscale, cioè quella quota di tasse e contributi che trattiene dalla busta paga dei lavoratori metà dello stipendio. Un taglio – quello del cuneo – che in realtà Letta ha previsto, mettendoci però sopra appena un piatto di lenticchie. O vogliamo definire diversamente i 10-15 euro in più che un lavoratore medio si ritroverà a fine mese? In genere poi, quando i datori di lavoro protestano, fanno festa i sindacati. Bene, questo Governo è riuscito a far infuriare pure Cgil, Cisl e Uil che hanno fatto per lui cose che noi umani non avevamo mai visto fare da nessun sindacato in sostegno di un Esecutivo. O dimentichiamo gli appelli accorati, appena qualche settimana fa, per non far cadere Palazzo Chigi? Ora la triplice di Camusso, Bonanni e Angeletti (ma da quanti anni questi stanno al loro posto?) minaccia addirittura lo sciopero generale. Hanno capito l’errore e la fregatura che si profila per i lavoratori? Sì, di facciata ce la vendono così, ma in realtà sono incavolati neri perché nelle pieghe della legge non è stata aumentata la commissione che intascano i Caf (Centri di assistenza fiscale), vera cassaforte delle organizzazioni sindacali, con bilanci da centinaia di milioni l’anno. Alla faccia dei lavoratori!