di Matteo Marini
Il calcio è una religione e viene prima di tutto il resto. Ma quando a Roma non ci sono i soldi neppure per i servizi sociali essenziali, anche la costruzione di un nuovo stadio deve lasciare spazio ad altre priorità. Certo le promesse sono merce preziosa in campagna elettorale ma ormai le urne sono lontane, i buchi di bilancio incombono così come le disillusioni. Era lo scorso marzo quando Gianni Alemanno dava il via libera per la costruzione del nuovo stadio dell’ A.s. Roma. Eppure i 900 milioni di rosso c’erano già. Ma come si è arrivati a questa decisione? È gennaio 2012 quando la società giallorossa affida alla Cushman & Wakefield l’incarico di analizzare le proposte di possibili terreni messi a disposizione per realizzare lo stadio. Ne arrivano un centinaio. La Cushman ne seleziona prima 80, poi 3. A Natale del 2012, con una conferenza ad Orlando alla quale partecipa la dirigenza della Roma e il costruttore Luca Parnasi (project manager), viene comunicata la scelta di Tor di Valle. L’architetto che redigerà il progetto è lo statunitense Dan Meis, che ha già realizzato numerosi stadi negli Usa. Un progetto definitivo però ancora non c’è e tutti aspettano che il sindaco Marino si esprima, dicendo chiaramente se è favorevole o meno all’opera, i cui lavori potrebbero iniziare la prossima estate. Un’ipotesi che lascia Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio, scettico: “le normative urbanistiche sono molto macchinose e vanno dall’invio dei progetti agli uffici tecnici competenti per ambiente ed urbanistica, fino a deliberazioni del Consiglio Comunale, della Giunta, l’invio del progetto alla Regione e alla Provincia. Per non parlare dell’intervento delle Sovrintendenze”.
La burocrazia
Insomma, da un punto di vista burocratico, potrebbero esservi dei rallentamenti. Ma non è l’unica criticità riscontrata. L’area interessata, infatti, è stata oggetto d’un attento studio del WWF nel 2008. Leggendolo, si scopre che: “L’area golenale del tratto di fiume in oggetto non prevede ulteriori insediamenti, rispetto a quelli già esistenti. Altri non sono compatibili”.
Ed in effetti, per il Npgr, la zona era destinata ad altri consumi. Come ricorda Legambiente “97 ettari di Tor di Valle sono disciplinati come Agro Romano”. Un ultimo lembo, in cui “insistono numerose specie animali, scriveva il Wwf. Ma oltre alla questione ambientale, va considerato che l’area di Tor di Valle è situata in un contesto su cui pende anche la futura urbanizzazione di Casal Grottoni, 190 mila mc di cemento. Un quadrante per il quale è già ora lecito parlare di mobilità insostenibile. “Partiamo da uno stato di fatto: la Via del Mare che è la prima autostrada fatta a Roma, è del 1928 – ricorda l’ urbanista Paolo Berdini – e non può essere allargata, perché sul lato destro andando verso Roma c’è l’impalcato delle ferrovia e dall’altra parte c’è il Tevere”. Un’infrastruttura problematica.
I collegamenti
“Chi viene da Ostia o da Acilia, sa che deve affrontare ogni giorno 20 minuti di fila, per raggiungere il Gra – ricorda Berdini – Quindi aumentare il carico urbanistico su una strada già oggi al collasso, significa portare questa città sull’orlo del baratro”. “Trasformare la Via del Mare e l’Ostiense in strade a senso unico, è semplicemente irragionevole – fa notare sempre Berdini – Quelle strade devono funzionare con un doppio senso e purtroppo hanno limiti invalicabili di ampliamento. Ed allora bisogna far tesoro e pensare che c’è un’alternativa all’automobile. C’è una ferrovia su cui non si è mai investito dagli anni Venti”. Rimane dunque sul tappeto, la questione di chi dovrà pagare le infrastrutture viarie e trasportistiche necessarie per far partire il progetto del nuovo stadio. E con un bilancio in rosso per quasi 900 mln di euro, risulta davvero difficile credere che possa farlo Roma Capitale.
(ha collaborato Fabio Grilli)