Se il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara si occupassi di robe più serie del riscrivere i valori costituzionali di questo Paese e del far rissa con le presidi – peggiorando ogni giorno la sua posizione – potrebbe dirci qualcosa dello sfacelo fotografato ieri dal Rapporto Plus 2022 scritto dai ricercatori del Inapp: ben 11,7 milioni di italiani non si sono mai iscritti alla scuola secondaria superiore, quasi 4 milioni si sono fermati nel loro percorso di istruzione senza conseguire un diploma di scuola secondaria di secondo grado.
Sono più uomini (62%) che donne (38%). A fronte di quasi 11 milioni di cittadini che acquisito il diploma non hanno proseguito gli studi, esistono 5 milioni di diplomati che si sono iscritti a percorsi universitari senza portarli a termine, con un dispendio di tempo e di risorse assai significativo. “Ancora oggi il 41% della popolazione tra 18 e 74 anni ha al massimo la licenza media (17,7 milioni di persone) – scrivono i ricercatori dell’Inapp- i diplomati sono la maggioranza: 42%, pari a 17,9 milioni di persone. La porzione di popolazione con titolo di studio più elevato è composta da 6,1 milioni di laureati (14%) e 1,3 milioni di persone con master e dottorati di ricerca (il 3%) e le donne continuano ad avere livelli d’istruzione più elevati”.
“Sono dati che fotografano in modo abbastanza netto il nostro sistema di istruzione e di formazione professionale – ha spiegato il prof. Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp- che deve essere migliorato per garantire una migliore aderenza dei percorsi formativi ai bisogni di competenze emergenti dall’evoluzione della società e per garantire anche un adeguato sistema di orientamento e di supporto capace di rompere la frequente dipendenza dei percorsi formativi dal retroterra culturale e reddituale dei genitori”. Altro che merito, di cui tutti straparlano. In Italia c’è bisogno di orientamento, investimenti nella scuola esostegno ai più fragili: sono questo le attività da sostenere per garantirsi nuove generazioni integrate e adeguate ai tempi, sia come cittadini sia come lavoratori.
Nel Rapporto Plus si analizza anche la partecipazione ad attività formative che coinvolge circa il 19% del totale delle persone tra i 18 e i 74 anni. Nel dettaglio, la formazione interessa meno chi non ha un lavoro rispetto agli occupati, in controtendenza con il resto d’Europa. Meno di 12 persone in cerca su 100 hanno seguito uno o più corsi di formazione e solo il 4,5% degli inattivi.
Zero tituli
Sempre con riferimento a chi non ha un lavoro, per gli uomini si osservano livelli di partecipazione a corsi di formazione quasi doppi rispetto alle donne. Per gli over50 si registrano i livelli di partecipazione più bassi e al contrario i laureati registrano quelli più alti (10%). Quasi il 60% delle attività formativa è svolta a distanza. La partecipazione ad attività formative degli occupati è invece superiore al 17%, molto simile tra donne e uomini. È più alta nelle classi d’età più mature e aumenta al crescere del titolo di studio (il 45% dei laureati ha fatto almeno una attività formativa).
La formazione degli occupati cresce inoltre all’aumentare della dimensione d’impresa ed è particolarmente elevata per il settore servizi (38%). Questo è un Paese che non studia. “Da questi dati emerge come la formazione non venga ancora adeguatamente utilizzata come una leva in grado di far fare un salto di qualità all’incontro tra domanda e offerta di lavoro e ai processi di riallocazione imposti dalle profonde trasformazioni del sistema produttivo. Anche sul piano personale, per chi vuole progredire nella propria carriera lavorativa – ha concluso il presidente dell’Inapp – la formazione, e in particolare l’apprendere ad apprendere, costituisce la base su cui costruire il proprio ruolo nel mercato del lavoro”.