Dopo la conferma del 41 bis ad Alfredo Cospito, la galassia anarchica è in ebollizione e dopo i primi scontri con la polizia in alcune città italiane ora sembra alzare il tiro con un volantino in cui si minaccia l’omicidio di un manager davanti alla propria famiglia. Alfonso Sabella, giudice del Tribunale di Napoli, quanto dobbiamo prendere sul serio queste minacce?
“Premesso che non ho gli strumenti per valutare la reale portata di queste minacce, quello che posso dire è che sono molto preoccupato. Mi sembra chiaro che in questa vicenda ci siamo messi in un cul-de-sac da cui è davvero difficile uscire perché nessuno può fare retromarcia. Per questo comprendo il punto di vista del ministero secondo cui levare il 41 bis a Cospito significa dare dimostrazione di debolezza e quindi non può fare altro che tenere il punto. Il problema è che probabilmente nella fase iniziale dell’applicazione della misura si poteva fare qualcosa di diverso. Inoltre mi sembra evidente che ci siano stati anche successivi ritardi da parte del ministero nel gestire la situazione e ora ci ritroviamo in questo stallo”.
Teme che con l’aumento delle tensioni sociali e con il caso Cospito, l’Italia possa tornare agli anni di piombo o crede che la stagione del terrorismo interno sia destinata a non riproporsi mai più?
“Tutto pensavo tranne che nel mio Paese sarebbe tornata la strategia della tensione. Inutile che ci giriamo intorno ma dobbiamo stare attenti perché la situazione è esplosiva. Mi auguro che la nostra Intelligence lavori per provare a mettere una toppa al guaio che ormai è stato fatto. Intelligence che, data l’impossibilità di capire chi comanda per via della natura stessa del fenomeno anarchico, deve individuare i punti di riferimento con cui si può discutere per cercare di far abbassare i toni ed evitare che la situazione degeneri in una nuova stagione di terrorismo”.
Ma Cospito è una povera vittima del sistema, come viene descritto da molti che sostengono che con lui lo Stato si sia accanito senza motivo, oppure è un pericoloso terrorista che è pronto a rimettersi in azione alla prima opportunità?
“Il decreto con cui è stato disposto il 41 bis per Cospito poggia su solide basi ed è stato confermato anche dal Tribunale di sorveglianza. Insomma non parliamo di una vittima del sistema. Quello che mi chiedo è se il 41bis, con cui si mira a impedire i contatti con l’esterno e che reputo come l’ultima carta da giocare, fosse l’unica misura possibile. Me lo chiedo soprattutto alla luce del fatto che è vero che Cospito continuava a scrivere dal carcere ma lo faceva in forma pubblica, ossia su riviste e giornali, a differenza della segretezza che viene usata dai mafiosi per dare ordini ai loro sodali. Ecco per questo ritengo che prima di pensare al 41bis andava fatta una valutazione preliminare e approfondita tentando altre strade come la censura della corrispondenza oppure iscrivendolo all’interno dell’Alta Sicurezza 2 che è il regime carcerario in cui sono custoditi soggetti imputati o condannati per delitti commessi con finalità di terrorismo”.
A suo parere il 41bis va bene così com’è?
“Sul 41bis voglio precisare che si tratta di uno strumento indispensabile e irrinunciabile ma di cui è stato fatto un uso, mi passi il termine, ‘disinvolto’. Dobbiamo dirlo con molta franchezza anche perché in passato numerosi esperti hanno avvertito dei rischi di una volgarizzazione della mafia, ossia il fatto che ‘tutto è diventato mafia’ presto o tardi ci porterà al paradosso che allora ‘niente è mafia’. Guardi il 41bis ai tempi delle stragi ma anche successivamente, è stato usato con estrema disinvoltura e soprattutto è stato mantenuto anche dove non serviva farlo. E ci tengo a sottolineare che su questo modo di fare avevamo già avuto qualche campanello d’allarme a partire dalla Corte di Giustizia europea e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo”.
Il carcere duro a Cospito in queste settimane è diventato un argomento di dibattito tra chi chiede che lo Stato tenga il punto e chi ritiene che si debba valutare la sospensione del 41bis per via delle sue condizioni di salute. Se dovesse passare la linea dei secondi non si rischierebbe di creare un precedente?
“Stiamo parlando di un provvedimento giudiziario che deve essere valutato dalla Corte di Cassazione che non si farà condizionare né in questo caso, né in nessun altro. Personalmente mi sento tranquillo ed escludo la possibilità che questa vicenda diventi un precedente perché al di là di qualche sbavatura da parte della magistratura italiana, e ce ne sono state diverse, proprio l’indipendenza della categoria è garanzia che ogni caso verrà affrontato senza preconcetti”.
Intanto diversi boss sembrano aver scommesso sul caso Cospito come strumento con cui scardinare il 41 bis. Crede a questo patto tra mafia e galassia anarchica e, soprattutto, pensa che riusciranno a convincere la politica ad ammorbidire il carcere duro?
“Tra mafie e anarchici può verificarsi una condivisione momentanea di un determinato obiettivo. E sul 41 bis le convergenze mi sembra siano davvero evidenti. Del resto nel famoso papello di Totò Riina, l’abolizione del 41 bis era uno dei primi punti. Detto questo e guardando ai fatti, c’è una persona come Cospito che non è un mafioso e che ha delitti di sangue ritenuti non particolarmente gravi dall’opinione pubblica. Per i mafiosi è il perfetto alfiere per riaccendere i riflettori sul 41 bis e in tal senso hanno centrato l’obiettivo. In definitiva più che un patto, su cui sono davvero scettico, vedo un bieco interesse da parte dei mafiosi nello sfruttare questa situazione. Certo non si può escludere che i mafiosi decidano di inserirsi nella questione al fine di alzare la tensione ma non credo che ne trarrebbero beneficio, al contrario scatenerebbero la dura risposta dello Stato”.
E tutto ciò la spaventa?
“Sinceramente non sono particolarmente preoccupato perché sono convinto che le nostre Istituzioni sono abbastanza solide per resistere a qualsiasi tipo di problematica. Deve essere chiaro a tutti che quando lo Stato vuole vincere, vince”.