La vera sorpresa nel Pd è lui: Paolo Romano è (era) assessore al Municipio 8 a Milano, ha 26 anni, una laurea in Economia e commercio e nel collegio elettorale di Milano e provincia ha sbaragliato tutti con più di 9mila preferenze.
Tutti si chiedono: ma da dove arriva ‘sto Romano?
“(Ride). Sono fiero di dire che arrivo dai Giovani Democratici, che è la giovanile del Pd in cui da 10 anni faccio politica. Ed è una comunità pazzesca che va da Trucazzano a Melegnano, conta 60 tra amministratori e amministratrici e conta più di 400 ragazzi iscritti. Questo non è il mio risultato, è il nostro risultato. Un comitato che nasce da quella rete a cui si sono aggiunte associazioni e circoli di partito. E che ora è una comunità intergenerazionale che va dai 14 anni di Beatrice ai 90 del signor Bruno di Gorgonzola”.
Dall’alto del risultato ora può giudicare queste elezioni senza remore…
“Il risultato è viziato da diversi fattori. Ci sono i 28 anni di potere ininterrotto della destra, c’è la difficoltà di far circolare le notizie. Al mercato ho incontrato persone che non sanno che la sanità è in capo alla regione e che pensano che i treni in ritardo siano colpa del sindaco. E poi il ritardo: dovevamo essere da 2 anni in giro nei territori. Per questo mi aspetto che ora si costruisca per i prossimi 5 anni con un’alleanza chiara. Se poi qualcuno deciderà di sfilarsi si prenderà le sue responsabilità. Con tutte le persone con cui ho parlato e a cui ho avuto l’occasione di raccontare le nostre proposte ho avuto riscontri positivi”.
Quindi qualcuno non l’ha fatto in tutto questo tempo…
“È evidente che per il centrosinistra il livello regionale non sia mai stato una priorità. E poi non abbiamo strutturato una presenza costante e capillare”.
Lo schema di queste elezioni regionali è uno schema ripetibile a livello nazionale, nonostante la batosta?
“Questo è un dibattito che proprio non tollero. L’unica strategia politica del Pd consiste nel fare il Pd con proposte chiare e progressiste. Il resto viene dopo. Passiamo ore a parlare di 5 Stelle e Italia Viva, ma se non abbiamo un’identità chiara noi… tutto il resto viene dopo. Crediamo nel diritto al lavoro? Crediamo nella la formazione per restare in un mercato? Se sei forte sono gli altri poi ad aggiungersi e a decidere di seguirti o meno”.
Come ha fatto il centrodestra a guadagnare voti nonostante i disastri combinati nella pandemia, solo per citare un esempio?
“C’è il tema della storicità. C’è un pezzo degli elettori che si rivede nel centrodestra al di là di quello che vive. Poi c’è il sistema mediatico lombardo ad appannaggio del centrodestra. Se un giorno avessimo un giovane ricercatore sul giornalismo lo sfiderei a mappare i temi trattati nelle tivù locali durante questa campagna: scoprirebbe che si è parlato di sicurezza, zone 30 a Milano. Abbiamo parlato di temi regionali solo il 30% delle volte”.
Chi appoggia al congresso?
“È vergognoso fare un congresso nel pieno di elezioni così importanti, distraendo forze fondamentali. Personalmente sostengo Elly Schlein perché la ritengo portatrice di un reale cambiamento di cui ha bisogno questo Paese. Ma rispetto a altre occasioni mi pare che la sfida sia più matura anche all’interno del partito, senza scontri fratricidi. In campagna elettorale ho ricevuto aiuto da tutti, indistintamente”.