Attilio Fontana stravince in una Lombardia che registra un’astensione da record, con un’affluenza di 30 punti percentuali in meno rispetto alle precedenti regionali del 2018, quando la chiamata alle urne era anche per le politiche e i seggi rimasero aperti nella sola domenica. Il governatore leghista stacca di venti punti il suo avversario di centrosinistra, l’europarlamentare dem Pier Francesco Majorino, sostenuto da Pd, Cinque Stelle e Alleanza Verdi Sinistra, ma gongola anche per il pessimo risultato ottenuto dalla sua ex vice con delega al Welfare Letizia Moratti.
Il governatore Attilio Fontana fa il pieno di voti proprio nel Bergamasco, la zona più colpita dall’emergenza Covid
L’ex sindaca di Milano, appoggiata da una propria lista civica e dal terzo Polo di Renzi e Calenda, fantasticava di un risultato tra il 15 e il 18%. Lo scrutinio la riporta con i piedi per terra: la sua performance si ferma al 9,7%. Moratti potrebbe quindi non avere un seggio al Pirellone. La legge elettorale lombarda prevede, infatti, un posto in Consiglio regionale solo per il secondo candidato alla presidenza più votato.
L’ex sindaca di Milano, inoltre, ha deciso di candidarsi solo per la presidenza della Regione e di non correre con una lista per il Consiglio regionale, dove non verrà dunque eletta. Ma a leccarsi le ferite sono soprattutto i leader di Italia Viva e Azione: anche stavolta avevano promesso sfracelli, hanno raccolto sfaceli, racimolando solo il 4%. La candidata di Unione popolare, Mara Ghidorzi, che alla vigilia (molto) ottimisticamente si attribuiva un risultato del 3%, si ferma all’1,5%.
La riconferma di Fontana era nell’aria e nei sondaggi che giravano nelle segreterie dei partiti, tanto che in molti hanno registrato un addio alle armi dei militanti di centrosinistra ancora prima dell’apertura delle urne. E per la prima volta, non a caso, l’astensionismo, che generalmente premiava i partiti di sinistra, questa volta ha favorito il centro destra.
Alta è stata l’astensione tra i giovani in una Lombardia che si è confermata ancora una regione difficile per il Movimento Cinque Stelle, che ha perso tre punti percentuali rispetto alle ultime politiche, fermandosi al 4%. I primi cinque anni di mandato di Attilio Fontana potevano essere ricordati come quelli di un presidente che aveva gestito male l’emergenza Covid, con una serie di inciampi legati alle forniture di camici e mascherine, con un piano di vaccinazione gestito in maniera a dir poco confusa, tanto da essere costretto, il governatore leghista, a ritirare la delega all’assessore al Welfare Guido Gallera (Forza Italia), per attribuirla a Letizia Moratti e, una volta dimessasi questa, darla al “tecnico” Guido Bertolaso.
Molti pensavano che le immagini di tre anni fa dei camion con le bare a Bergamo dei morti per Covid, le Spoon River di Nembro e Alzano Lombardo nella Bergamasca, la scelta scellerata di confinare i contagiati nelle Residenze per anziani, proprio insieme ai soggetti fragili più esposti al virus, avrebbero indotto i lombardi a provare a cambiare, dopo 28 anni di centrodestra, il governo di una Regione dove a farla da padrona è la sanità privata. Invece, già dalle prime proiezioni, la dote più consistente di voti per Fontana e il centrodestra arrivava proprio dalla provincia di Bergamo (da un iniziale 80% scendeva al 65%, con unica eccezione il capoluogo).
I lombardi hanno poca memoria o forse ha visto giusto Michele Serra, che domenica mattina nella sua rubrica su Repubblica ha scritto che “il voto lombardo è un voto massicciamente ideologico, nel senso più profondo del termine: tende a premiare e difendere a oltranza un mondo, una maniera di lavorare e di vivere che ha garantito benessere ai padri e di riflesso ai figli, al prezzo di un consumo di suolo altissimo e di un livello di inquinamento spaventoso”.
E concludeva: “I lombardi si limiteranno a rimescolare un poco le carte, più Meloni, meno Salvini. Chi disturba di meno, piace di più”. E le carte, nel centrodestra lombardo, sono effettivamente uscite rimescolate, con il partito della Meloni che pur scendendo di un paio di punti percentuali rispetto alle ultime politiche, diventa azionista di maggioranza del Pirellone.
Salvini salva la sua leadership grazie alla lista civica di Fontana Presidente
Matteo Salvini salva la sua leadership grazie alla lista civica di Fontana Presidente, i cui voti, sommati a quelli del Carroccio, posizionano la Lega a soli tre punti di distacco da FdI. Nel marzo del 2018, la Lega aveva portato a casa il 29,65%, Forza Italia il 14,32 e Fratelli d’Italia il 3,64. Adesso l’attenzione sarà tutta sui nuovi rapporti di forza all’interno della maggioranza di centrodestra.
Romano La Russa, fratello del presidente del Senato Ignazio, assessore uscente alla Sicurezza della giunta Fontana, non candidato a quest’ultima tornata elettorale, rivendica per sé il ruolo di vicepresidente. Ma in Lombardia il boccone più appetibile rimane quello della Sanità, alla quale il bilancio di previsione 2023-2025 destina 20 miliardi 859 milioni. Le due cariche, vicepresidenza e assessorato alla Sanità, in passato sono state nelle mani di una sola persona (Letizia Moratti), ma Fontana sarebbe intenzionato a confermare nel ruolo di assessore al Welfare Guido Bertolaso, gradito a Forza Italia che potrebbe reclamare, visto il risultato ottenuto, il 7,4%, un paio di assessorati (tra i nomi circola anche quello di Gallera, l’uomo dei disastri Covid).
I posti in giunta a Palazzo Lombardia sono sedici. Fratelli d’Italia, che dovrebbe passare dai tre consiglieri eletti nel 2018 a più di 25, oltre alla vicepresidenza reclama otto o nove assessorati: alla Casa, al Lavoro, all’Urbanistica, all’Ambiente, e le deleghe ad Agricoltura, Enti Locali e Protezione Civile. Oltre alla Sicurezza che rimarrebbe nelle mani del neo vice presidente La Russa. Per gli altri nomi bisognerà aspettare i risultati definitivi delle preferenze.