Per capire quanto deboli e irrilevanti siano la politica e la stampa dei giorni nostri bastava, ieri, godersi il tilt sull’esibizione di Fedez al Festival di Sanremo. Partiamo dall’inizio. Fedez decide, molto furbescamente, di presentarsi sul palco dell’Ariston e sfruttare l’occasione di un pubblico vasto nazionalpopolare per togliersi qualche sassolino dalla scarpa.
Per capire quanto deboli e irrilevanti siano la politica e la stampa dei giorni nostri basta l’esibizione di Fedez a Sanremo
C’era da aspettarselo: la coppia Fedez e Ferragni da tempo utilizza la propria popolarità per veicolare messaggi politici su temi dei diritti e su punti considerati “politici”. Qualcuno suggerisce che sia troppo comodo per Fedez mettere le mani nella politica dall’alto del suo successo. Beati quelli che credono che esporsi politicamente in questo Paese paghi.
Un cantante che decide di rinunciare a vendere dischi a una parte politica è tutt’altro che comodo. Ma vabbè, andiamo avanti. Fedez si presenta sul palco e decide di usare il suo tempo a disposizione per chiarire quanto sia vergognoso che un tizio che si traveste da Hitler (Galeazzo Bignami) diventi viceministro alle infrastrutture e quanto faccia schifo che una ministra alla Famiglia vada in televisione a dire che “purtroppo” l’aborto è un diritto.
“Purtroppo l’aborto è un diritto, sì ma non l’ho detto io, l’ha detto un ministro. A volte anch’io sparo cazzate ai quattro venti ma non lo faccio a spese dei contribuenti”, dice Fedez, provando a ricordare a questo smemorato Paese come ci sia differenza tra chi si espone nella professione e chi invece con un posto garantito da parlamentare (o politico) spari “cazzate” (cito Fedez) per rimestare un po’ di propaganda. Apriti cielo. In questo Paese la statura dei politici sulla misura con le altezze delle loro polemiche.
La canzone di Fedez diventa un caso politico solo perché questi politici possono ambire al massimo alle canzonette. Comincia così la sinfonia. Il Codacons insorge. Del resto il Codacons se non insorge non esiste. “La responsabilità di eventuali violazioni delle norme in tema di propaganda elettorale è in capo alla Rai, e l’azienda dovrà valutare i provvedimenti da adottare nel caso in cui partecipanti o ospiti del Festival abbiano violato i regolamenti cercando di influenzare i risultati delle prossime elezioni”, scrive il presunto sindacato dei consumatori.
Poi arriva la lamentela dell’autodichiarato sindacato dei cattolici (“Ditelo Sui Tetti”) che per bocca del portavoce Domenico Menorello si spreme in un elogio antiabortista seguendo i triti canoni degli antiabortisti con una carezza alla ministra Roccella. Non poteva mancare il direttore di Rai 1 Stefano Coletta, uno di quelli che ha la carriera legata alle mestruazioni della politica: “Confermo che non eravamo a conoscenza della performance di Fedez. A nome della Rai ritengo che la libertà sia un diritto sacrosanto che deve esprimersi attraverso tutte le forme d’arte e tutti i pensieri che un individuo vuole esprimere. A nome della Rai, e in maniera netta, sento di dire che mi dissocio fortemente dagli attacchi personali che la performance di Fedez ha rappresentato nella gestualità”, dice Coletta alla stampa.
Poi c’è l’inevitabile Maurizio Lupi, poi c’è Salvini che si finge disinteressato (come nei film di Nanni Moretti: “Mi si nota di più…?”) E poi arriva l’onomatopeico Mollicone che ci spiega come Fedez sia solo “un comunista con il Rolex” che cerca il martirologio. In italiano sarebbe semplicemente “martirio” ma vabbè. Non si può pretendere troppo. Da segnalare anche Carlo Cottarelli, l’alieno del centrosinistra, che ci spiega come sia “scorretto usare la Rai per un gesto ideologico”: evidentemente travestirsi da nazista per l’economista dem è semplice ideologia. Viste le reazioni verrebbe da dire: bravo Fedez.