Canta vittoria il capo azienda del Monte dei Paschi id Siena, Luigi Lovaglio, secondo cui l’istituto non è più “un problema sistemico”, ma un “asset di valore per il Paese”. Ma con una nuova perdita di 205 milioni, a fronte della montagna di miliardi messa dallo Stato, mai parola è parsa più fuori luogo, a dimostrazione di quanta poca considerazione abbia il vertice di Mps per i soldi pubblici.
Solo l’anno scorso il Tesoro per Mps ha dovuto erogare altri 2,5 miliardi di euro. Nuovo rosso sui crediti deteriorati
Per sostenere quella che si è spericolatamente definita una svolta, Lovaglio tira fuori un utile di 310 milioni nell’ultimo anno, a cui vanno aggiunti oneri di ristrutturazione per 925 milioni, cioè i fondi utilizzati per mandare a casa oltre 4 mila esuberi e ridurre i costi di oltre 300 milioni. Senza questa posta l’utile sarebbe stato di 720 milioni, alimentato dalla spinta dei tassi ma anche da 425 milioni di rivalutazione delle attività fiscali differite.
Positivo in particolare il risultato dell’ultimo trimestre, chiuso con un utile che ha doppiato le attese degli analisti, nonostante un contributo ancora parziale delle uscite del personale. “Non pensavo che dopo solo 7 mesi dall’avvio del piano mi sarei trovato a presentare una trimestrale con un utile di 156 milioni”, ha detto Lovaglio, definendo la fine dell’esercizio “un punto di svolta” per Siena, ormai “in grado di generare risultati sostenibili nel tempo”, come dimostra il balzo del 60% a 333 milioni, dell’utile operativo lordo.
Per arrivare a tutto questo, che comunque non basta a non cumulare nuove perdite, Mps ha ricevuto solo l’anno scorso dal Ministero dell’Economia 2,5 miliardi, grazie ai quali punta a un utile ante imposte di 700 milioni nel 2024. “Ci avvicineremo già nel 2023”, ha promesso Lovaglio, che quest’anno potrà contare su altri tagli dei costi (cioè nuova macelleria sociale per il personale) e continuare a beneficiare del rialzo dei tassi.
Un quadro che ha favorito già l’anno scorso l’impennata dei ricavi, saliti del 3,6% a 3,09 miliardi, con il boom del margine di interesse (+26%) che ha compensato il calo delle commissioni (-8%) e dell’attività di trading, mentre i costi sono scesi del 2,3% a 2,1 miliardi.
In crescita a 417 milioni, invece, le perdite su crediti che hanno scontato le mancate riprese di valore del 2021 e la vendita di 900 milioni di npl, cioè i crediti scarsamente esigibili, la cui incidenza netta sugli impieghi si è ridotta al 2,2%. Sul fronte patrimoniale la crescita della solidità (cet 1) al 15,6% mette la banca nelle condizioni di resistere meglio alle nuove possibili turbolenze finanziarie. Resta per Siena la zavorra del contenzioso legale, risalito a 4,1 miliardi a gennaio, per via di una nuova richiesta da 700 milioni di Martingale Risk.