Mentre si corre a fare benzina, visto che da stasera sarà sciopero per due giorni, tv e quotidiani sono pieni di altre discussioni: le intercettazioni telefoniche, il congresso del Pd, l’autonomia differenziata, le concessioni balneari. Tutta roba che agli italiani interessa pochissimo, ma che funziona per distrarci dalla prima crepa tra governanti e governati.
Una fenditura apparentemente di poco conto, e che non interrompe la luna di miele del Paese con le destre. Qualcosa però si è rotto, e in questo solco ci sono tutte le risposte per chi cerca un’alternativa al caravanserraglio sovranista, affarista e populista di Meloni & Company.
In una filiera che ha visto i petrolieri fare plusvalenze miliardarie, mentre gli anelli deboli – come i distributori – guadagnano pochi centesimi per ogni pieno di benzina, c’è tutta l’incapacità del mercato di creare un minimo di equità, e il disinteresse della politica a farsi carico delle sorti dei più poveri.
Tassare del doppio o del triplo gli extra profitti non cambia, infatti, le sorti di una rete che ha nello sfruttamento dei venditori finali la sua cifra strutturale. Un modello inverso rispetto ad altri, a partire dall’agricoltura, dove invece sono i produttori che a fine mese non si mettono in tasca neppure le spese.
Ecco, se al posto di pensare a nomi nuovi per il Pd o a riforme che interessano giusto chi ha bisogno dell’impunità per politici e colletti bianchi, si pensasse a distribuire in modo più equo le risorse, domani non ci mancherebbe la benzina. E neppure la certezza di un mondo migliore.