Ma che ci è andato fare il ministro degli Esteri Antonio Tajani in Egitto? Se davvero è passato dal al-Sisi per ricordare che forma abbiano i diritti civili la missione possiamo tranquillamente certificarla come fallita.
Nonostante il ministro ci dica che il presidente egiziano “è disposto a rimuovere tutti gli ostacoli” per accertare la verità sull’omicidio dello studente italiano Giulio Regeni e su un giusto processo per lo studente egiziano dell’università di Bologna Patrick Zaki qualcuno non gli deve avere insegnato che “gli ostacoli” sono i silenzi di quel al-Sisi a cui ha sorridentemente stretto la mano.
Presi in giro
Ieri, perciò, hanno perso la pazienza, per l’ennesima volta, anche i genitori di Regeni, Claudio e Paola Effendi, che hanno dichiarato di non avere “aspettative” di nessun tipo: “Basta, per favore, basta finte promesse – hanno spiegato -. Pensiamo sia oltraggioso questo mantra sulla ‘collaborazione egiziana’ che invece è totalmente inesistente.
Fiducia in chi? Se rivolta alla Istituzioni, siamo costretti ad averla, viviamo in Italia – rispondono – Questa è una domanda che ci pongono spesso tutti i giovani che incontriamo e che osservano e valutano il mondo politico. Rispondere è sempre molto complicato”.
La famiglia Regeni sottolinea come “nessun componente del governo attuale” si sia degnato di fargli visita, nonostante sia un viaggio più breve e più comodo di un volo fino al Cairo. Siamo, per ora, nell’ennesima puntata di quella che i genitori di Giulio Regeni descrivono come una sequela di “tutte le promesse mancate, l’ipocrisia, le strette di mani come mera esibizione, la retorica di certi discorsi o comunicati” che evidenziano, come dicono loro, “la chiara prevalenza degli interessi sulla tutela dei diritti umani, alla parola interessi sarebbe da sostituire il termine interessamento che pone una vera attenzione alle persone”.
Davvero Tajani non conosce i questi 7 anni di depistaggi, di false informazioni e di boicottaggi del governo egiziano? I risultati che Tajani avrebbe dovuto riportare in Italia, come ha scritto bene ieri l’onorevole Laura Boldrini, avrebbero dovuto essere “il domicilio degli indagati per far ripartire il processo”.
Tajani è andato in Egitto per le questioni energetiche? Difficile da credere se è vero che il piano energetico è già definito da tempo. È andato davvero, come ha ripetuto ieri per tutta la giornata, per “stabilizzare la Libia”? Bah. Una cosa è certa.
Con un tempismo perfetto proprio ieri il Gruppo San Donato (uno dei più importanti gruppi di sanità privata, con l’ex ministro Angelino Alfano alla presidenza) ha annunciato la firma col ministero della Salute e della Popolazione egiziano e con Gksd Investment Holding di un importante (e fruttuoso) memorandum per la gestione di ospedali in Egitto, il primo dei quali sarà lo Sheikh Zayed, uno dei principali istituti sanitari a Il Cairo.
“L’Italia possiede tra i migliori sistemi sanitari pubblici al mondo e l’erogazione di prestazioni gratuite sia da ospedali pubblici sia da ospedali privati convenzionati, efficienti e di altissima qualità, è una delle pietre angolari di esso”, ha detto Paolo Rotelli, vicepresidente del Gruppo San Donato spiegando che l’obiettivo “è far riconoscere le nostre competenze sanitarie con i fatti, direttamente nelle strutture egiziane, aiutando così il Paese a consolidare il proprio sistema sanitario e a preparare il futuro della medicina insieme”.
Un coincidenza? Può essere. “A pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina”, diceva l’ex presidente del Consiglio Giulio Andreotti. Intanto i genitori di Regeni e Zaki possono aspettare.