È stato il governo Draghi, con l’allora ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, a causa della chiusura dei rubinetti di Gazprom, a cercare di differenziare i fornitori di gas, passando dall’Algeria all’Egitto. Oggi Giorgia Meloni, che ha tra i suoi alleati Silvio Berlusconi che ci rese dipendenti dall’energia di Mosca, raccoglie i frutti di quell’intenso lavorio diplomatico.
Cinque le intese firmate durante la visita ufficiale della premier ad Algeri: la dichiarazione congiunta per “rafforzare ulteriormente le eccellenti relazioni” fra i due Paesi nel campo politico, economico e culturale, e i quattro accordi privati, inclusi i due fra Eni e Sonatrach, su idrogeno e riduzione dei gas serra.
Ad Algeri trova dunque la strada spianata per portare a casa la conferma della disponibilità a collaborare da parte del più grande Paese africano. Nel bilaterale con il presidente della Repubblica algerina, Abdelmadjid Tebboune, ci sono temi che non vengono toccati perché le posizioni sono distanti, come la guerra russa all’Ucraina.
Roma e Algeri sono invece allineate sulla necessità di stringere la rete del rapporto fra le imprese (il presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha siglato un’intesa con l’omologo algerino), sulla cooperazione industriale (“Da marzo Fiat produrrà auto e moto a Orano, e vogliamo produrre la Vespa”, ha detto Tebboune), aerospaziale (siglato un memorandum fra le due agenzie nazionali), digitale, navale e ovviamente sul dossier energia.
L’Algeria punta ad accrescere e diversificare la propria produzione, non solo gas naturale ma anche idrogeno e rinnovabili. E ha bisogno del ponte verso l’Europa offerto dall’Italia, che deve però risolvere “il collo di bottiglia” nei gasdotti che attraversano il suo territorio, in particolare al centro del paese.
L’avvertimento arriva dall’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, pronunciato dal Giardino Mattei, luogo simbolico dove l’Algeria ricorda il fondatore dell’Eni come un amico della Rivoluzione, e dove la premier ha voluto recarsi per rendere omaggio a quel “grande italiano” a cui è ispirato il suo progetto di cooperazione con i Paesi africani. La premier ha indicato i cinque anni di legislatura come orizzonte del Piano Mattei.
Ma per redere l’Italia hup europeo per il gas ci sono criticità legate alla strettoia dei gasdotti lungo la dorsale adriatica, tra Campania, Abruzzo e Molise, che consente il passaggio “al massimo di 126 milioni di metri cubi al giorno” di gas, calcola Descalzi.
“Snam ha lanciato un piano di espansione che deve essere approvato da Arera, c’è una consultazione in corso ma è una delle cose più necessarie”. Il potenziamento della linea adriatica, aumentando anche i flussi da sud verso nord, potrebbe consentire di esplorare la possibilità di rigassificatori anche al Sud, ha detto nelle scorse settimane Meloni.
“Intanto i rigassificatori sono 3, e spero presto possano diventare 5 con Piombino e quello del Ravennate”, l’auspicio dell’ad di Eni, impegnato a fare aumentare i flussi di energia, anche di rinnovabili e idrogeno, dal continente africano. In questa direzione vanno anche i due accordi appena siglati con l’omologa Sonatrach. Dai 21 miliardi di metri cubi di gas garantiti dall’Algeria nel 2021, nel 2024 si arriverà a 28, ha spiegato Descalzi.