Siamo all’assurdo. In un periodo di enorme criticità in campo sanitario, una novità a dir poco grottesca arriva dal Veneto. Nella regione guidata da Luca Zaia, infatti, sarà un algoritmo a decidere se la priorità segnata dal medico sull’impegnativa risulti o meno appropriata. Inevitabilmente però è scoppiata la polemica perché i medici non ci stanno, essendosi visti “sostituiti” da uno strumento artificiale e meccanizzato.
In Veneto sarà un algoritmo a decidere se la priorità indicata dai medici sulle impegnative risulti o meno appropriata
“La priorità espressa sulle richieste di indagini fa parte dell’atto medico in sé e non può essere guidata e compressa in un algoritmo, perché esprime la valutazione del professionista, basata su criteri clinici, sulla necessità della tempistica di esecuzione di quella precisa indagine per quel paziente specifico”, ha spiegato ieri Liana Lora, segretario del Sindacato medici italiani del Veneto attaccando la delibera regionale che stabilisce l’entrata in vigore dei Raggruppamenti di attesa omogenei (Rao), una novità pensata per arginare le liste d’attesa.
Ma precisiamo di cosa stiamo parlando. Istituiti a inizio mese i Raggruppamenti di attesa omogenei sono griglie di scelta preordinate per le tempistiche dello svolgimento delle indagini diagnostiche prescritte dai medici. Il punto, però, è che la professione medica “non può essere ridotta ad esecuzione di procedure dettate da esigenze amministrative. La salute non è un bene cedibile. È ormai evidenza incontrovertibile che le liste d’attesa obbligano parte dei cittadini ad eseguire accertamenti in via privata, data la mancanza di rispetto delle priorità chieste dal medico”, ha spiegato ancora la dottoressa Lora Lora.
Insomma, in altre parole, i Rao introdotti dalla Regione Veneto “non sono lo strumento per garantire la riduzione delle liste d’attesa”, ma “la dimostrazione, se ce ne fosse ancora bisogno, della mancanza di rispetto nei confronti di professionisti che si assumono la responsabilità di decidere quale sia la necessità del loro assistito”, ha sottolineato ancora il sindacato sostenendo che sia “in atto da tempo il tentativo di ridurre il medico ad impiegato della Regione attraverso una medicina ‘amministrata’ che tramite vincoli e procedure snatura l’essenza stessa della medicina”.
I sindacati: “I medici non hanno bisogno di un algoritmo”
Il vero punto, dunque, non è risolvere la questione con un algoritmo che non è altro che un palliativo timido, ma garantire ai pazienti tempi certi per fare un esame. Un problema che evidentemente si estende in tutta Italia, con l’annoso problema delle liste d’attesa che peraltro si sono allungate dopo due anni di pandemia per il Covid-19. “I medici non hanno bisogno di un algoritmo ma i pazienti hanno bisogno di sapere con certezza quando faranno il loro esame”, insistono non a caso ancora i sindacati.
La questione, dunque, rimane aperta con i medici che dal canto loro sottolineano che “non hanno bisogno di aiuto per decidere quando si debba espletare un’indagine per un determinato paziente, lo sanno, perché sono medici, hanno invece bisogno di avere la certezza che quel cittadino-paziente possa ricevere l’indagine di cui necessita nei tempi che sono necessari. Questo è compito di chi amministra. I Rao, nella mente della regione, servono a questo? Nell’interpretazione del medico sicuramente no”, conclude Lora.
Il Garante della Privacy chiede spiegazioni
E la questione potrebbe ingigantirsi ulteriormente. Il Garante per la protezione dei dati personali ha infatti inviato alla Regione Veneto una richiesta di informazioni per verificare la conformità alla normativa privacy della delibera. Entro 20 giorni la Regione dovrà comunicare all’Autorità ogni elemento utile alla valutazione del caso. Ma è evidente che la privacy dei pazienti potrebbe essere a forte rischio.