Altro che locomotiva Ue. Con le Destre la Lombardia è finita sul binario morto

Uno studio indipendente dimostra che la propaganda della Regione Lombardia fa a pugni con i numeri.

Altro che locomotiva Ue. Con le Destre la Lombardia è finita sul binario morto

Sono trent’anni che il centrodestra che guida la Lombardia dispensa favole. La preferita, in assoluto, è quella che racconta di una regione locomotiva d’Europa. A smontare questa narrazione, oggi, non sono i competitori alle prossime regionali del governatore uscente Attilio Fontana (Lega), che punta alla rielezione.

Uno studio indipendente dimostra che la propaganda della Regione Lombardia fa a pugni con i numeri

A dire, cifre alla mano, che quello che il centrodestra ha raccontato in questi tre decenni faceva parte di una narrazione auto-incensatoria, sono due studiosi indipendenti, l’economista Roberto Romano e lo statistico Paolo Maranzano. Una loro ricerca, conclusasi nel dicembre scorso e pubblicata il 18 gennaio sul sito di Radio Popolare, dimostra, invece, che “la propaganda della Regione Lombardia fa a pugni con i numeri”. Numeri che raccontano tutta un’altra storia.

In undici pagine, fitte di cifre e grafici, che i ricercatori dicono di aver messo a disposizione di chiunque voglia farsi un’idea realistica di dove vada oggi la Lombardia, e che può essere “un importante ed utile strumento per chi si candida a guidarne le scelte politiche ed amministrative”, la storiella della Lombardia “locomotiva d’Italia” viene smontata.

Secondo i due studiosi, quella Milano (e Lombardia) che una volta era “vicino l’Europa”, come cantava Lucio Dalla, “oggi converge più con il Mezzogiorno d’Italia nella dinamica del reddito, del salario, degli investimenti e della ricerca e sviluppo” che con altri paesi europei. Tanto che, scrivono, “la cosiddetta eccellenza lombarda, anche della sanità, se comparata con alcune delle Regioni italiane, diventa debolezza e arretratezza se utilizziamo l’Europa come benchmark”.

Secondo due studiosi indipendenti la regione pare come il Sud su salari, investimenti e sviluppo

“Partendo dalle analisi sviluppate dal Programma Espon 2020 (Progetto Migrare), la Lombardia viene classificata tra le regioni industriali a basso contenuto innovativo e alta attrattività immigratoria. Una descrizione decisamente diversa dallo storytelling di Regione Lombardia in cui essa viene assimilata a regioni altamente tecnologiche (es. Baden-Württemberg in Germania o le Fiandre belga) o addirittura ai grandi poli di servizi finanziari europei (es. Parigi, Amsterdam o Stoccolma)”, scrivono ancora Romano e Maranzano.

Per gli autori della ricerca, “la costante e ingiustificata narrazione dell’eccellenza lombarda, lunga ormai 30 e passa anni, ha nascosto come e quanto fosse difficile per l’economia e la società lombarda diventare una economia europea, attrezzata per affrontare le sfide che l’Europa considera fondamentali”.

Le politiche pubbliche in Lombardia hanno alimentato il declino del territorio amministrato

Secondo i due ricercatori, le politiche pubbliche della Regione Lombardia hanno alimentato il declino del territorio amministrato: “Considerando la spesa pubblica complessiva (Amministrazione Centrale, Regione Lombardia, Enti Locali, partecipate nazionali e locali), che cresce nel tempo dal 40% del 2000 al 50% del Pil nel 2019 (poco meno di 200 miliardi di euro), è lecito domandarsi perché queste risorse non siano state capaci di modificare il “motore della macchina della Lombardia”.

Il dito, poi, affonda nella piaga del capitolo sanità”. Mettendo da parte la gestione del Covid, che meriterebbe un capitolo a sé stante e che vede interessata anche la magistratura”, si legge ancora nella ricerca, “la spesa pubblica regionale è catturata nella sua interezza dalla spesa sanitaria consolidata, che vale ormai ben oltre il 90% di quella complessiva.

Sebbene in crescita, la spesa media in sanità per abitante rimane ancora al di sotto della media europea e con una governance da riscrivere, soprattutto con l’avvio delle case di comunità che in assenza di medici di base sono infrastrutture senza servizi. Inoltre, la forte presenza privata nei posti letto (oltre il 33% del totale), così come per gli Istituti di Ricovero e Cura a carattere scientifico (5 pubblici e 25 privati) condizionano il governo della spesa sanitaria pubblica”.

La Lombardia, che di se stessa pensa “sono una Regione bellissima, intraprendente e proiettata nel futuro” e sceglie di proiettare all’esterno questa immagine di sé, è come un’oca che si crede cigno. Perché dimentica che nel suo territorio “non solo la dinamica degli investimenti è contenuta, ma il rapporto investimenti-Pil, si riduce notevolmente passando dal 22% del 2007 al 17,5% del 2019. Lo scarso livello degli investimenti rispetto al Pil è associabile ad un contenuto livello di specializzazione delle imprese ed è correlabile alla debole dinamica degli stessi investimenti”.

La Regione Lombardia con poco meno di 10 milioni di abitanti e una popolazione potenzialmente in età lavorativa (15-64 anni) di oltre 6 milioni, ripartita equamente tra uomini e donne, è più grande di alcuni Paesi europei come la Danimarca (6 milioni di abitanti) o l’Irlanda (5 milioni di abitanti), ed è poco più piccola del Belgio (11 milioni di abitanti). “Ma se indaghiamo e compariamo la Lombardia con i principali competitor europei, in ragione della propria dimensione, si osserva un progressivo arretramento dei principali indicatori economici e sociali”, sostengono ancora gli autori della ricerca.

Tanto che impietoso diventa per la presunta locomotiva d’Italia il confronto con altre regioni sul versante del rischio di povertà: “Sebbene la Lombardia sia leggermente migliore rispetto alla media del Nord-ovest, l’Emilia Romagna si posiziona strutturalmente su livelli inferiori di disagio socio-economico. In ragione delle differenze con l’Emilia-Romagna è possibile affermare che il governo della Pubblica Amministrazione è un aspetto tutt’altro che trascurabile nella predisposizione di provvedimenti coerenti per attutire l’impatto della povertà”.