Non fanno in tempo a mettere una pezza, che gli si apre subito un nuovo buco. È una sorte maligna quella che lega la destra al malaffare, oppure c’è troppa carne al fuoco perché ogni giorno non se ne bruci un pezzo.
Così ieri il ministro Nordio, con uno scatto da giovanotto, s’è rimangiato in fretta e furia le affermazioni sulla limitazione delle intercettazioni telefoniche nelle indagini per mafia. Se ci fossero – gli hanno fatto notare – Messina Denaro sarebbe ancora uccel di bosco.
La Lega intanto festeggia l’avvio verso l’archiviazione dell’inchiesta sulle presunte tangenti russe trattate all’hotel Metropol di Mosca, dove tirare fuori un ragno dal buco era difficile in tempo di pace, e perciò figuriamoci in tempi di guerra.
Ma proprio la cattura di Messina Denaro riporta a galla gli investimenti miliardari di Cosa nostra nei parchi eolici, di cui una fetta rilevante è sequestrata al prestanome Vito Nicastri, legato a quel Paolo Arata che faceva da consulente per l’energia del Carroccio.
Ma lasciando perdere Forza Italia, che portò Antonio D’Alì – cioè uno dei politici più vicini a “U Siccu” – a diventare sottosegretario agli Interni – è ancora Fratelli d’Italia a battere tutti, candidando ieri al Csm Giuseppe Valentino, coinvolto in un procedimento di ‘ndrangheta.
Questo non vuol dire che Valentino sia colpevole di niente, e l’interessato rigetta ogni accusa, ma in quella posizione inevitabilmente il Parlamento è insorto e la candidatura è stata ritirata. In attesa della prossima puntata di questa storia infinita che lega politica e clan.