Siamo venendo fuori da un periodo particolarmente secco ma le piogge che arriveranno a partire da questo fine settimana fanno tornare più attuale che mai il rischio idrogeologico.
Sono previste, infatti, vere e proprie bombe d’acqua sparse su tutto il territorio. è ormai noto che l’Italia per il suo assetto morfologico è particolarmente esposta agli eventi alluvionali. Alle cause naturali si aggiunge, poi, il contributo delle attività umane. Secondo l’ultima mosaicatura Ispra – l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – è a rischio il 14 per cento del territorio nazionale.
L’Emilia-Romagna è la prima regione per quota di terreno in allarme. Ma la Calabria è quella più esposta allo scenario di pericolosità elevata. è chiaro che sono numerosi gli eventi alluvionali che hanno interessato il nostro paese negli ultimi anni. L’ultimo di ampia portata ha avuto luogo nelle Marche a settembre dell’anno scorso, causato dalla pioggia più intensa rilevata nell’ultimo decennio.
Dodici anni da incubo
Secondo l’associazione ambientalista Legambiente, dal 2010 a settembre del 2022 sono stati registrati 510 episodi di questo tipo. C’è da dire, però, che se da un lato si tratta di fenomeni naturali, dall’altro lato vengono inaspriti dalle attività antropiche. Così gli allagamenti di aree normalmente non coperte d’acqua avvengono a causa dell’esondazione del mare o dei corsi d’acqua interni.
Che insieme a frane e valanghe, costituiscono un fattore di rischio idrogeologico. Le alluvioni di per sé sono un fenomeno naturale, generato da processi naturali come l’erosione delle coste. Tuttavia molte attività degli esseri umani contribuiscono notevolmente all’aumento della frequenza e dell’intensità di tali episodi. Di conseguenza al rischio calamità. È il caso, ad esempio, del consumo di suolo, che rende il terreno impermeabile e quindi meno capace di assorbire l’acqua in eccesso.
Ma anche degli eventi climatici estremi come le piogge intense, o dell’innalzamento del livello dei mari causato dal riscaldamento dell’atmosfera. Gli eventi alluvionali sono estremamente dannosi non solo per gli ecosistemi, ma anche per le comunità, perché danneggiano le infrastrutture e le abitazioni, con effetti sulle economie locali e sull’incolumità dell’uomo stesso. Per misurare l’esposizione al rischio di alluvione, l’istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale realizza periodicamente una mosaicatura del territorio nazionale.
Nella mappatura individua dei layer che definiscono l’estensione delle aree allagabili per tre scenari di probabilità: alto, medio e basso rischio – dove l’alto rischio è un sottoinsieme del medio e il medio del basso. Con rischio alto si intendono le aree allagabili in seguito a eventi alluvionali con tempi di ritorno compresi tra i 20 e i 50 anni.
Mentre gli scenari di medio rischio hanno tempi di ritorno tra i 100 e i 200 anni, e quelli di rischio basso superiori a quest’ultima soglia. In particolare si tratta appunto del 14 per cento del territorio italiano a rischio basso di alluvione, secondo la mosaicatura Ispra (2020) ovvero oltre 42mila chilometri quadrati. Se poi consideriamo i due sottoinsiemi di rischio maggiore, risulta essere esposto a rischio medio ed elevato, rispettivamente, il 10 e il 5,4 per cento del territorio. Ma la situazione varia da zona a zona. A Ferrara e Rovigo oltre il 99 per cento del territorio è esposto ad alluvioni. Ovviamente parliamo di superficie allagabile rispetto all’area totale di ciascuna regione.
Così Ispra evidenzia come Ferrara sia la prima provincia italiana per quota di terreno esposto a rischio alluvioni (99,9 per cento). Segue Rovigo con il 99,1 per cento. In tutto sono sette le province in cui la percentuale supera il 50 per cento: oltre a Ferrara e Rovigo, anche Ravenna, Venezia, Mantova, Reggio Emilia e Bologna. Tra lo 0 e l’1 per cento, quindi la soglia più bassa, invece soltanto 7 province, tutte siciliane tranne Bolzano. Tra le città metropolitane, il record lo registra Venezia con il 66 per cento, seguita da Bologna (50,3 per cento). Tutte le altre riportano cifre inferiori al 20 per cento.
All’ultimo posto Palermo (0,6 per cento) e Messina (1 per cento). Insomma l’Emilia Romagna non se la passa bene, perché registra la quota più elevata del proprio territorio esposta al rischio alluvione. Come rileva Ispra stessa nel suo report 2020 sul dissesto idrogeologico, questo è dovuto “alla presenza di una complessa ed estesa rete di collettori di bonifica e corsi d’acqua minori che si sviluppano su ampie aree morfologicamente depresse, di tratti arginati spesso lungo alvei stretti e pensili, di regimazioni e rettifiche in specie nei tratti di pianura”.
Tuttavia, la regione messa peggio, con scenario di rischio elevato, è la Calabria. Ma sul podio dei peggiori dopo Calabria e Emilia Romagna sale il Veneto che registra il 10 per cento di rischio elevato. In particolare Emilia-Romagna e Veneto sono le prime regioni per quota di terreno a rischio, con quote superiori al 30 per cento (rispettivamente 47,3 e 32,2 per cento).
Mentre come accennato la Calabria registra il dato più alto per quanto riguarda il rischio elevato, che comprende il 17 per cento del territorio regionale. In coda, quindi tra le regioni messe meglio troviamo invece Sicilia, Trentino Alto Adige e la Provincia autonoma di Bolzano che registrano rispettivamente 2,2 per cento di rischio basso e 1,6 rischio elevato l’isola, mentre solo rischio basso con 2,6 e 1 per cento le altre due aree.