Professor Andrea Pertici, la senatrice Licia Ronzulli ha annunciato di avere pronto il ddl per il ripristino delle Province. Da una nostra verifica con la riforma Delrio, con tutti i suoi difetti, si è passati da una spesa di 14 miliardi a circa 5. È davvero una priorità?
“Non partirei dai costi. Il tentativo di abolizione delle Province non è andato a buon fine. E non solo perché gli italiani hanno saggiamente respinto la riforma costituzionale del Governo Renzi, ma anche e soprattutto perché ci si è presto resi conto che lo svolgimento di alcune funzioni amministrative può essere adeguatamente svolto solo a livello di ente intermedio. Ma un ente che svolge rilevanti funzioni amministrative deve avere un’adeguata legittimazione e poter essere chiamato a rispondere delle proprie scelte dai cittadini. Adesso i cittadini non sanno neppure quando gli amministratori comunali si votano tra loro per andare negli organi provinciali. Questo sistema era pensato da una legge (la Delrio) che aveva come prospettiva l’eliminazione delle Province. Oggi, appurato che le Province servono, occorre ripensarne il modello in relazione alle loro funzioni che sono, da un lato, quelle di amministrazione attiva e, dall’altro, quelle di coordinamento dei Comuni e di supporto agli stessi”.
Nella proposta tra l’altro si parla anche di abolizione dei ballottaggi in caso di vittoria sopra il 40 per cento “per risparmiare soldi” e per “evitare il mercato delle vacche”. Che ne pensa?
“Questo è già stato previsto per le elezioni comunali siciliane. Ma mi pare una forzatura: se un candidato non ha raggiunto la maggioranza assoluta è più ragionevole che affronti il ballottaggio. Di nuovo, guarderei altrove per i risparmi”.
Cosa pensa delle riforme e del dibattito sulle province in questi anni, da Delrio in poi?
“Penso che sia stato un dibattito spesso confuso, connotato più dall’emotività che dal pragmatismo. Se si fosse fatto un minimo di approfondimento ci si sarebbe resi conto che le Province rappresentano l’ente locale maggiormente omogeneo, imprescindibile in un assetto territoriale come il nostro che vede Comuni tanto disomogenei – da 30 abitanti fino a 3 milioni – e Regioni spesso distanti e certamente meno vocate a svolgere funzioni di amministrazione attiva. Senza considerare che l’ambito provinciale è stato storicamente anche quello di riferimento per il decentramento amministrativo, anche se pure su questo alcuni accorpamenti poco riflettuti hanno ormai creato confusione”.
Da costituzionalista come giudica il trattamento che sta ricevendo la Costituzione (con le promesse di modifiche e con le proposte politiche in corso) da parte di questo governo?
“Su questo per ora non ci sono abbastanza elementi. In generale, direi a Meloni ciò che dicevo a Renzi: quando si parla della Costituzione i banchi del Governo devono essere sgombri. Ci si affidi al dibattito nelle Camere. In ogni caso, mi pare che la nostra forma di governo debba rimanere parlamentare: possono semmai essere introdotti alcuni correttivi. Il potere non deve diventare più verticale, puntando sul “capo”, ma più orizzontale, puntando ad una maggiore partecipazione degli elettori. Un governo con una così chiara base popolare dovrebbe saperlo tenere in considerazione”.