Dopo quarant’anni dalla sparizione, si riapre il caso di Emanuela Orlandi. Il promotore della giustizia Vaticana, Alessandro Diddi, avvierà nuove indagini in relazione alla scomparsa della ragazza, sparita nel nulla a Roma nel giugno 1983.
A dare nuova linfa alle indagini sarebbero state una serie di istanze presentate dal fratello Pietro Orlandi, il quale non si è mai rassegnato al fatto che tutte le inchieste si sono sempre concluse in un nulla di fatto.
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Stando a quanto si apprende la magistratura vaticana analizzerà gli atti e i documenti relativi alle vecchie indagini. Poi farà il punto sulla situazione alla luce di alcune novità che non sono state ancora rivelate.
L’inchiesta dei pm romani
Il procedimento della Procura di Roma sulle sparizioni della Orlandi e di Mirella Gregori, quest’ultima avvenuta il 7 maggio sempre del 1983, venne archiviato nell’ottobre del 2015 su richieste dall’allora procuratore capo Giuseppe Pignatone, e ora presidente del Tribunale vaticano, e dai sostituti Ilaria Calò e Simona Maisto.
L’inchiesta vedeva sei indagati per concorso in omicidio e sequestro di persona: monsignor Pietro Vergari, ex rettore della basilica di Sant’Apollinare, Sergio Virtù, autista di Enrico De Pedis, Angelo Cassani, detto “Ciletto”, Gianfranco Cerboni, (“Giggetto”), Sabrina Minardi, già supertestimone dell’inchiesta, e il fotografo Marco Accetti. Contro di loro sia la procura sia il gip hanno ritenuto che non fossero stati raccolti sufficienti elementi probatori. E ora è arrivato il visto della Cassazione.