Archiviati i grandi match tra le nazionali e le notti magiche di questo strano mondiale invernale, si continua a parlare del Qatargate. Ma più che per le indagini, tutt’ora in corso, in queste ore a far discutere non sono tanto le presunte malefatte delle persone coinvolte nello scandalo delle mazzette pagate all’Europarlamento ma, incredibilmente, l’intervista rilasciata dal giudice istruttore della procura federale di Bruxelles, Michel Claise, contro cui si sono scagliati Carlo Calenda e Enrico Costa.
L’intervista della discordia
I due paladini del garantismo non hanno affatto gradito le parole rilasciate dal magistrato belga al quotidiano L’Echo e non hanno fatto nulla per nasconderlo. Così sui social si sono scagliati contro Claise perché ha criticato la politica in quanto “l’incompetenza nel combattere la corruzione crea un senso di impunità per le organizzazioni criminali”.
Ai due giornalisti che lo hanno intervistato, Julien Balboni e Nicolas Keszei, a precisa domanda sul perché il loro Paese appare immobile nella lotta alla corruzione, il giudice ha spiegato “che c’è una cecità che fa sì che in Belgio il fenomeno non venga preso in considerazione”. Insomma il magistrato si è limitato a parlare della situazione nel suo Paese e, per giunta, ha avuto una posizione perfino garantista visto che non ha risposto a domande sul Qatargate.
Bordate inattese
Eppure tutto ciò non è bastato ai due big del Terzo polo che si sono definiti sgomenti. Il primo a commentare è stato Costa: “In un’intervista il magistrato titolare dell’inchiesta Qatargate ha detto che ‘i patteggiamenti sono utili a condizione che sia la Procura a negoziare, puntando la pistola alle tempie delle persone indagate’. Testuale. Da far impallidire il tintinnar di manette”.
Certo la metafora usata da Claise è forte ma il senso è che l’istituto del patteggiamento non può essere una via di fuga dai processi su cui le Procure hanno ben poco controllo. Successivamente è intervenuto Calenda: “Ho letto l’intervista. Ed è semplicemente agghiacciante. Un altro magistrato con manie di protagonismo politico e velleità inquisitorie. Intanto due genitori (Francesco Giorgi e l’ex presidente Eva Kaili, ndr) sono in galera da settimane e una bambina di 22 mesi è rimasta da sola”.
Parole che non tengono conto del fatto che se Giorgi e Kaili sono stati arrestati non è di certo per una mossa stravagante di Claise, come sembra far intendere il leader del Terzo polo, ma perché su di loro ci sono prove inequivocabili, tra cui intercettazioni, pedinamenti e diversi sacchi pieni zeppi di centinaia di migliaia di euro pagati dalla monarchia di Doha. Ma evidentemente tutto ciò non conta.
La stessa visione
Quel che è certo è che in fatto di Giustizia il Terzo polo e le destre la pensano in modo piuttosto simile. Una certezza che si concretizza di giorno in giorno tanto che a fine dicembre c’era già stato un primo ammiccamento con la presentazione di un ordine del giorno al decreto Rave che propone di cancellare la riforma della prescrizione introdotta dall’ex ministro Alfonso Bonafede con la Spazzacorrotti.
Il testo, presentato da Costa, chiedeva al governo di tornare alla legge Orlando con la prescrizione che durerebbe fino al terzo grado di giudizio e che, nei casi di eccessive lungaggini, causerà l’estinzione del procedimento. Inutile dire che quella proposta ha mandato su tutte le furie M5S mentre è piaciuta alla maggioranza che l’ha sottoscritta con convinzione.
Unione d’intenti che, c’è da scommetterci, sarà ancor più evidente quando le destre riformeranno la Giustizia come promettono ormai da mesi.