Tensioni sull’autonomia regionale. Perde la pazienza Roberto Calderoli. “Basta con gli attacchi che sfociano in offese e anche di peggio. Sono stato paziente per settimane ma adesso si è passato il limite, sono stanco di leggere sui quotidiani Il Mattino o il Messaggero frasi tipo lo ‘spacca Italia’ del ministro Calderoli riferito al disegno di legge sull’Autonomia differenziata o lo strappo di Calderoli. Io da ministro ho giurato sulla Costituzione, che sancisce l’unità nazionale, per cui scrivere che voglio spaccare l’Italia significa darmi dello spergiuro. Questa è diffamazione, forse addirittura calunnia”.
Il ministro leghista Calderoli se la prende con i giornalisti. Ma a frenare la legge sull’autonomia regionale sono i suoi stessi alleati
Insomma per adesso nessuna querela (“Non sono il tipo”) ma “se mi capiterà di leggere ancora frasi offensive e calunniose nei confronti del mio lavoro da ministro allora sarò costretto a procedere alle vie legali”. Ma dietro lo sfogo del ministro leghista per gli Affari Regionali e le Autonomie c’è qualcosa di più. Che va ben oltre l’irritazione verso i cronisti.
E già. Perché a frenare sul suo disegno di legge sull’Autonomia, peraltro già trasmesso a Palazzo Chigi dal ministro senza prima averlo sottoposto al confronto nella conferenza Stato-Regioni, sono innanzitutto i suoi alleati. Vale a dire i Fratelli d’Italia, partito della premier Giorgia Meloni, e Forza Italia di Silvio Berlusconi.
La questione è la seguente: Matteo Salvini ha bisogno come il pane – pressato dai suoi governatori del Nord – di portare a casa il federalismo. Ma tanto Meloni quanto Berlusconi non sono affatto convinti della bontà del disegno di legge di Calderoli. La leader di FdI teme che il governo e soprattutto il suo partito possano perdere consensi al Sud dove ormai spopola il M5S contrario al ddl leghista.
Idem Forza Italia che se è riuscita a reggere l’urto delle elezioni del 25 settembre è stato soprattutto per i favori che ancora ha incontrato nel Mezzogiorno. Non a caso Meloni ha sempre legato il destino dell’Autonomia a quello della riforma presidenziale che richiede tempi più lunghi. Un abbraccio che la Lega ha sempre rispedito al mittente facendo notare che la riforma presidenziale è una modifica costituzionale che richiede più passaggi parlamentari e che legare i due dossier è dunque un’operazione che ha poca logica.
Dal quartiere di Forza Italia ha parlato senza peli sulla lingua il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto: “Sì all’autonomia differenziata, ma a patto che siano garantiti anche gli obblighi previsti dalla Costituzione. Quindi si deve fare insieme ai Lep e alla perequazione”. Insomma il punto per il Sud è “cogliere la sfida senza farsi fregare”.
E se alla fine dell’approfondimento che farà la Cabina di Regia sui Lep, prevista dalla Manovra, si dovesse confermare la spesa storica, “per quel che mi riguarda – dice Occhiuto – sarebbe un risultato inaccettabile”. Riforma costituzionale e legge ordinaria su Roma Capitale, elezione diretta del Capo dello Stato, rafforzamento dei poteri per Regioni e Comuni, garanzia di livelli essenziali di prestazioni per tutti i servizi primari in tutti i territori della Penisola, eliminando il rischio di un’Italia a due velocità.
“Su questo itinerario marcerà la maggioranza di governo”, dice Fabio Rampelli di FdI. Ad ogni modo le due partite – presidenzialismo e autonomia – finiranno necessariamente per incrociarsi. Ma non solo per l’intento meloniano di frenare la seconda ma perché i leghisti se vedranno gli alleati tergiversare sulla riforma che sta loro a cuore punteranno i piedi su quella cara a FdI.
Proprio sulla riforma presidenziale la ministra per le Riforme istituzionali, Maria Elisabetta Alberti Casellati, entro metà mese dovrebbe vedere la Lega. Sarà quella l’occasione per il Carroccio di fissare i paletti: senza Autonomia Salvini sarà pronto a mettersi di traverso sulla riforma presidenziale.
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