Chi avesse dimenticato l’irresistibile gag di Salvini “apriamo tutto, chiudiamo tutto, riapriamo tutto” con cui cambiava idea anche più volte al giorno pur di attaccare il governo Conte nelle prime fasi della pandemia, ora può rinfrescarsi la memoria con la Meloni. Pure la premier col suo partito ha grattato la pancia a chi non voleva sentir parlare di restrizioni, vaccini e mascherine, pur senza esporsi come un kamikaze ubriaco, alla maniera del leader della Lega.
Nel suo governo ha chiamato alla Sanità un tecnico prudente, Orazio Schillaci, toppando però sin dal primo giorno, quando promise l’abolizione delle mascherine negli ospedali, salvo poi rimangiarsi la parola.
Così, per decreto, fu abolita la pandemia, col reintegro anticipato dei medici no vax in corsia, peraltro ratificato solo ieri nel contesto innaturale del provvedimento contro i rave party. Poi accade che a Pechino persino Xi Jinping si mette a fare le gincane, e passa da una strategia durissima, detta Covid zero, al liberi tutti. Il risultato è l’esplosione dei contagi, al punto che ieri all’aeroporto di Milano metà dei passeggeri di un volo dalla Cina era positivo.
Dunque, cosa fa il governo? Esattamente come se l’odiato Speranza fosse ancora al ministero, obbliga al tampone tutti quelli che arrivano dal colosso asiatico. E visto che la retorica sovranista è già andata a ramengo per non contrariare Bruxelles e i mercati, Schillaci chiede all’intera Unione europea di usare lo stesso pugno di ferro. L’inizio di una nuova stretta, insomma. In attesa che qualcuno nel governo ricambi idea.