La domanda a cui si dovrebbe rispondere subito nel dibattito per il congresso del Partito democratico è “perché il Pd continua a perdere consenso?”. Forse così gli elettori potrebbero capire quali siano le differenze tra i quattro candidati in campo (Elly Schlein, Stefano Bonaccini, Gianni Cuperlo e Paola De Micheli) che si sfidano in questa prima fase in un confronto che appare farraginoso, effuso in principi astratti e inintelligibile ai più. Nel gioco degli equilibri interni (che tutti respingono pubblicamente e poi ricercano in privato) la Schlein punta su Francesco Boccia come coordinatore politico della mozione.
La scelta di un ex della Margherita non è un caso: Schlein vuole smussare le critiche di chi la dipinge come troppo spostata a sinistra e Boccia è il nome che può allargare anche ai non ex Ds. “Vogliamo cambiare gruppo dirigente: ma questo non basta, senza un’identità chiara e un blocco sociale di riferimento”, dice Schlein che ieri ha annunciato anche l’ex viceministro dell’Economia Antonio Misiani come coordinatore del programma, un orlandiano doc che a breve dovrebbe essere seguito da tutta la corrente dell’ex ministro.
Dal canto suo Bonaccini annuncia il sostegno della vicepresidente del parlamento europeo Pina Picierno. “Una donna giovane, del sud, e ha preso i voti mettendoci la faccia quando si è candidata alle Europee”, dice il presidente dell’Emilia Romagna che anche ieri ha provato a prendere le distanze da Matteo Renzi (il cui fantasma continua ad aleggiare su questo congresso) chiarendo di “non avere mai rottamato ma sempre unito perché questo è il compito di una classe dirigente”: “Non ho mai utilizzato il termine rottamazione – ha spiegato Bonaccini ospite a Rainews – neppure quando votai Renzi al congresso a fine 2013. Non mi è mai piaciuta come parola, non l’ho mai usata. è una espressione che rischia di essere non solo arrogante, ma anche non rispettosa di chiunque voglia stare in una comunità e in una famiglia”.
Ieri è stata anche la giornata della candidatura di Gianni Cuperlo: “Ci sarò con umiltà, nella chiarezza delle idee, fuori dai trasformismi che hanno impoverito l’anima della sinistra”, ha spiegato. “So che diversi pensano sia una follia – ha aggiunto Cuperlo – altri invece credono vi sia una ragione più forte di qualunque timore su quale potra essere il risultato”, ovvero evitare al Pd “l’incubo di una deriva greca come per il Pasok o francese con la tradizione socialista precipitata nell’irrilevanza” Mentre si assestano le alleanze interne i candidati continuano a ripetere di voler unire. È tanta la paura di spaccature irrimediabili. Ma siamo sempre alle discussione interne, sempre lì.
Ieri l’ex leader della Cgil Sergio Cofferati ha provato a dirlo, come lo dicono tutti. Quando gli hanno chiesto “Schlein o Bonaccini?” Cofferati ha sbottato: “è l’unica domanda a cui mi pare si sia ridotta la discussione, il problema è proprio questo. Il cittadino che ha passione o cerca risposte nella politica, nel Pd, non vede uno spazio dove discutere”.
Anche Cuperlo chiede di cambiare le modalità del congresso: “chiunque vinca – spiega nell’intervista all’Huffington Post con cui annuncia la sua candidatura – avrà bisogno di un confronto vero e di una partecipazione larga almeno se vogliamo capire perché in quindici anni abbiamo perso sei milioni di voti”.
È vero, la manovra del governo fa schifo ed è iniqua, come dicono tutti i candidati. È vero, ci sarebbe bisogno di un’alternativa. Ma la domanda è sempre la stessa: perché il Partito democratico continua a perdere consenso? A questo bisogna rispondere, urgentemente. Almeno che qualcuno sia stoltamente convinto che basti cambiare la segreteria.