Proprio mentre il servizio pubblico offre una passarella natalizia a Giorgia Meloni ribaltando il palinsesto della sua rete ammiraglia, sono in molti a chiedersi se la situazione in Rai non sia del tutto fuori controllo. Un dubbio legittimo visto che a distanza di due mesi dalla formazione del Governo, la Commissione di Vigilanza Rai – deputata a verificare il funzionamento del servizio pubblico – non si è nemmeno insediata e, ad oggi, nessuno sa quando lo farà.
A distanza di due mesi dalla formazione del Governo, la Commissione di Vigilanza Rai non si è nemmeno insediata e, ad oggi, nessuno sa quando lo farà
Quel che è certo è che la presidenza dell’organo di controllo del servizio radiotelevisivo italiano fa gola a molti e per questo la partita per il prestigioso incarico, la quale sembrava chiusa con l’accordo tra Pd e M5S – su cui perfino Carlo Calenda è sembrato fin qui favorevole -, si è riaperta di colpo con le ultime dichiarazioni di Matteo Renzi. Il senatore toscano ieri, al TG1 mattina, ha preannunciato battaglia: “Chi sarà la candidata o il candidato del Terzo Polo lo decideremo quando sarà convocata la Commissione di Vigilanza sulla Rai”.
Renzi non sembra voler minimamente prendere in considerazione che la presidenza della Vigilanza spetterebbe al M5S
Peccato che il leader di Italia Viva non sembra voler minimamente prendere in considerazione il fatto che, almeno in teoria, la poltrona spetterebbe al Movimento 5 Stelle. Questo perché ormai mesi fa il Pd di Enrico Letta e i pentastellati di Giuseppe Conte, ossia i due maggiori partiti dell’opposizione, hanno trovato un accordo in base al quale ai primi spettava il vertice del Copasir – poi effettivamente finito all’ex ministro dem Lorenzo Guerini – mentre ai secondi sarebbe andata la presidenza della Vigilanza.
Un accordo solido soltanto all’apparenza perché se è vero che per legge il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) spetta all’opposizione, non si può dire altrettanto per la Vigilanza Rai che viene assegnata loro “per prassi”. Un dettaglio tutt’altro che irrilevante perché si traduce nel fatto che per eleggere la presidenza c’è bisogno dei voti della maggioranza o al limite della loro astensione. Ma nulla vieterebbe a Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, di ignorare questa prassi preferendo convergere su un candidato diverso.
Un’eventualità che Renzi sembra deciso a cogliere tanto da aver lanciato l’Opa sulla Vigilanza: “È evidente che qui si pone un tema: questa Commissione va al Terzo Polo o va ai 5 Stelle? Vedremo che cosa ne pensa la Meloni”. Si tratta di dichiarazioni surreali che sembrano avere il preciso scopo di seminare zizzania al fine di spingere Fratelli d’Italia a fare una scelta di campo, schierandosi per qualcuno o addirittura avocando a sé l’ambita poltrona.
Insomma Renzi pur di mettere il bastone tra le ruote del Movimento è disposto anche a correre il rischio che la presidenza finisca nelle mani della maggioranza. Qualcosa di molto diverso da quanto ha sempre detto Calenda a cui una simile eventualità non piace affatto. Appare evidente come questa storia potrebbe avere anche ripercussioni sul Terzo polo dove Calenda e Renzi sembrano sempre più distanti.
Sulla manovra il leader del Terzo polo, dopo le prime aperture e perfino un incontro con la Meloni, recentemente l’ha bocciata senza appello lanciando duri attacchi. Ben più tiepido, invece, il giudizio sulla legge di Bilancio da parte del senatore toscano che ha espresso delusione ma non ha mai affondato il colpo, tanto che le sue critiche sono apparse poco convinte quasi si sentisse costretto a farle.
Con Renzi la Rai sarà più libera. Ma il suo Governo occupò ogni strapuntino
Ma Renzi non si è limitato a questo. Al TG1 mattina, facendo riferimento al fatto che la Meloni dovrebbe prendere una decisione tra loro e i pentastellati per la guida della Vigilanza, ha detto di credere “che loro (il Centrodestra, ndr) preferiscano la stampella dei grillini, perché noi siamo persone libere e da questo punto di vista preferiscono altri”. Ma di quale libertà parla? Probabilmente quella di fare e disfare a proprio piacimento come già accaduto quand’era premier quando, dopo aver riformato la Rai, aveva deciso di mettere al vertice del servizio pubblico il manager Antonio Campo Dall’Orto dandogli carta bianca per trasformare l’azienda di Stato in qualcosa di simile alla Bbc.
Una gestione in cui, malgrado buoni ascolti, non sono mancati passi falsi – tra cui si ricorda il flop del suo piano news – e le tensioni per le numerose assunzioni. Come anche il rapporto altalenante con lo stesso Renzi che prima ha messo il manager al vertice della Rai, salvo poi pentirsene perché, secondo quello che raccontavano i maligni all’epoca, la tv pubblica aveva avuto un atteggiamento piuttosto neutro nella campagna elettorale per il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Scaricato dall’allora premier, di lì a poco si è conclusa la parabola di Campo Dall’Orto che è stato sfiduciato dal Cda Rai e conseguentemente si è dimesso.
Al suo posto, sempre su input del leader di Italia Viva, arrivava Mario Orfeo sotto la cui direzione non sono mancate polemiche. Una su tutte quella che ha portato alla rottura con Milena Gabanelli, la storica conduttrice di Report a cui il precedente direttore generale aveva proposto di creare un progetto di portale web innovativo, gestendo una ottantina di giornalisti, per rilanciare l’informazione del servizio pubblico sul web con un progetto che doveva prendere il nome di Rai24.it. Ma Orfeo, subentrato prima che la cosa prendesse piede, ha cambiato le carte in tavola offrendole la condirezione con Antonio Di Bella del vetusto sito di Rainews24.
Una retrocessione a cui la Gabanelli a risposto con un “no grazie”. Ma sono anni in cui viene silurato anche Massimo Giletti. Giornalista che a ottobre 2018, ospite di Un giorno da Pecora su Rai Radio 1, si tolse qualche sassolino dalla scarpa attaccando Orfeo: “È la prima volta che torno in uno studio Rai dopo la fine de l’Arena. Mi ha costretto ad andare via il direttore generale Orfeo, nella sua libertà assoluta. Poi mi sarebbe piaciuto che si fosse assunto la responsabilità di quel che è successo dopo”.
E Orfeo, da sempre considerato un renziano di ferro, quest’anno e questa volta in qualità di direttore degli Approfondimenti Rai ha portato avanti anche una guerra a Report, la trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci per la quale proponeva una riduzione del numero di puntate che poi, dopo infinite polemiche, è stata scartata.