Veronica Alfonsi, presidente Open Arms Italia, il ministro Piantedosi ha confermato di lavorare su “norme più stringenti” per le Ong. Siamo ancora alle Ong come problema? Che sensazione le dà?
“Noi rimaniamo sempre con una sensazione di straniamento quando leggiamo certe dichiarazioni. Sono sette anni che leggiamo dichiarazioni di questo tipo. Quello che si dichiara sostanzialmente è di voler sanzionare il soccorso in mare. Abbiamo assistito in sette anni a una costante, continuativa e trasversale criminalizzazione del soccorso in mare, tutto questo è insopportabile. Anche perché le Ong sono tante, di tanti tipi, ce ne sono di diverse che lavorano in ambiti e contesti differenti. Le Ong non sono un’entità astratta: in molti casi sono cittadini europei che si prendono delle ferie, che si mettono a disposizione, che usano il proprio tempo per fare qualcosa che dovrebbero fare i governi. Parliamo di società civile e della parte migliore di questa Europa”.
Eppure il ministro cita il commissario Ue Schinas e dice che in mare è il Far West…
“Io l’ho sentito Schinas che parlava di Far Far West. Una giornalista gli ha chiesto un esempio ma lui non ha saputo rispondere. Sa perché? Semplicemente perché non è vero. Le navi umanitarie sono in mare e rispettano le convenzioni internazionali che regolano soccorso e diritto del mare, regole già scritte che qualunque natante deve rispettare. Il vero Far West è nei governi visto che sono loro che non rispettano le costituzioni e le regole, sono loro che dovrebbero coordinare i soccorsi in mare e non lo fanno. Noi chiediamo da sempre di essere coordinati ma i governi europei hanno smesso di farlo, non assegnano un porto di sbarco sicuro nei tempi in cui dovrebbero farlo. Loro sono il Far West”.
Sempre Piantedosi ha detto che “non può bastare una visita medica a bordo per depotenziare l’azione del governo”. Quindi l’azione del governo è impedire lo sbarco?
L’azione del governo va contro il diritto. Quello che non si può fare è stabilire la vulnerabilità delle persone con criteri soggettivi che vorrebbero farci credere che i maschi e i giovani non posano essere sbarcati. Il diritto stabilisce che debbano scende nel porto più vicino per chiedere diritto alle cure e alla protezione internazionale”.
Piantedosi tra l’altro ha usato l’arma del sospetto, facendo riferimento a un complotto delle Ong contro gli Stati. Roba che circola da anni puntualmente smentita. Perché funziona ancora?
“È un problema enorme su cui ci interroghiamo anche noi. Il ministro dovrebbe anche portare delle prove, che non esistono. Siccome sono 7 anni che veniamo attenzionati con inchieste giudiziarie e amministrative credo che se ci fossero stati dei comportamenti illegittimi sarebbero venuti fuori. Nessuno è più osservato di noi eppure tutte le inchieste si sono concluse con un nulla di fatto. Quelle del ministro sono affermazioni molto gravi senza nessun riscontro probatorio. Del resto ci ritroviamo in un processo contro il ministro Salvini e siamo noi a doverci difendere nonostante sia lui l’imputato. È uno stravolgimento della realtà continuo. Noi proviamo a riportare il discorso sul piano della realtà. A volte ci riusciamo, a volte meno. Nel processo con Salvini addirittura sono saltate fuori delle immagini di un sottomarino della Marina Italiana che avrebbero dovuto inchiodarci e che invece dimostrano la limpidezza della nostra azione. Ora stiamo valutando con i nostri legali se presentare denuncia per omissione di soccorso. Non è bizzarro un sottomarino della Marina militare che si mette a filmare mentre noi soccorriamo?”.
Ma l’Europa cosa sta facendo salvare le vite dei migranti?
“Nulla. Sostanzialmente nulla. Quello che facendo dal 2015 è finanziare con denaro pubblico degli Stati illiberali come la Turchia e la Libia per esternalizzare le frontiere e fermare le persone che tentano di fuggire. Nella fattispecie l’Italia ha dato soldi – con un accordo appena rinnovato – alla Libia oltre a motovedette e addestramento delle milizie armate per operare da Guarda costiera. Anche per questo siamo scomodi: per quello che vediamo in mare. Non è solo il soccorso (i nostri sono una percentuale minima), quando siamo in mare possiamo documentare quello che accade: respingimenti su procura, Frontex che ha solo aerei per individuare le imbarcazioni in difficoltà e segnalarle alla Guardia di costiera libica e portarli indietro (modalità vietata dalla Convenzione di Ginevra). Anche i naufragi avvengono per questo: nessuno interviene. Dopo due o tre giorni in mare su imbarcazioni che non sono in grado di resistere i naufragi sono inevitabili. Vogliono farci smettere? Noi smettiamo anche domani se in mare viene organizzata un’operazione strutturata a livello europeo come Mare Nostrum. Ma questa volontà non c’è”.
Come far tornare di moda la solidarietà?
“Domanda da un milione di dollari. La solidarietà dovrebbe essere la cosa più naturale del mondo. Forse dovremmo interrogarci su perché ci poniamo questa domanda, come siamo arrivati a questo punto. Noi dobbiamo continuare a difendere la vita, rispettare le leggi. Abbiamo lanciato da poco una campagna che ricorda che da quando nasciamo siamo abituati a avere empatia. Questo siamo e questo dobbiamo rimanere”.
Come vede il futuro con questo governo e con questa Europa?
“Non c’è da essere ottimisti. Ma siamo abituati a questa situazione. Bisogna essere resilienti. La resilienza ce la dà l’incontro con le persone che incontriamo in mare, di cui si parla molto poco. Sono persone straordinarie: hanno coraggio, resistenza e una capacità di credere nel futuro che è veramente contagiosa e ci dà forza. I tempi non sono facili ma vale la pena insistere e andare avanti e questo vale per tutti. Noi non stiamo difendendo i diritti di pochi, difendiamo i diritti di tutti. Quando si abbassa l’asticella dei diritti si abbassa per tutti, lo vediamo con il ritorno di discorsi pericolosi sui diritti delle donne e in altri contesto. Ci riguarda tutti”.