Dopo i soldi del Qatar per condizionare l’Europarlamento, spuntano quelli del Marocco. Valentina D’Orso, capogruppo M5S in Commissione Giustizia alla Camera, che idea si è fatta su questa storia e come farà l’Ue a recuperare credibilità?
“È uno scandalo molto grave, una vicenda dirompente per tutti, mai mi sarei aspettata di assistere a uno scenario del genere. Ora bisogna capire se e come si allargheranno le indagini e individuare ogni responsabilità all’interno delle istituzioni europee. La credibilità si recupera applicando fermezza, legalità e trasparenza in ogni contesto istituzionale, è quello che i cittadini si aspettano anche dal Parlamento Europeo. Io penso che se c’è la volontà, l’istituzione ha i mezzi per farlo. La risoluzione approvata giovedì dal Parlamento europeo va già nella giusta direzione”.
Davanti a questo caso di tangenti che coinvolge soprattutto i socialisti, le destre vanno all’attacco e chiedono lo scioglimento dell’Europarlamento per andare a elezioni. È davvero questa la soluzione?
”No. Come dicevo, il Parlamento Europeo ha tutta la forza per reagire e trovare la giusta modalità per permettere che queste situazioni non si verifichino più. Ora è prioritario e doveroso riconquistare la fiducia di tutti gli europei, e riconquistarla entro il prossimo anno, prima che si celebrino le nuove elezioni; ricordo infatti che il Parlamento europeo è l’unica istituzione dell’Unione eletta direttamente dai cittadini e non possiamo permetterci di alimentare una disaffezione dei cittadini europei verso questa istituzione. Quel che è veramente urgente è fissare regole rigide che aumentino quanto più è possibile la probabilità che tutto si svolga secondo trasparenza e legalità. Ad esempio, la regolamentazione delle lobby e il tracciamento degli incontri con soggetti esterni devono essere ulteriormente rafforzati. Ma al di là di queste condotte palesemente illecite, noi del Movimento 5 Stelle da tempo sosteniamo con forza l’esigenza di vietare che i parlamentari percepiscano soldi, in qualsiasi forma, da stati stranieri o fondi sovrani. Perché si tratta in ogni caso di accordi che possono esporre le istituzioni a pericolose influenze”.
Il Qatargate ripropone il tema della questione morale che nessuno vuole affrontare, tanto che il Pd per iniziare a farsi l’esame di coscienza ci ha messo una settimana. Come mai si fa fatica ad affrontare il problema?
“L’idea che mi sono fatta è quella di una generalizzata decadenza culturale e morale che evidentemente affligge tutti i livelli istituzionali ed è trasversale a moltissimi Paesi del mondo. L’etica pubblica è un valore veramente preziosissimo per la vita collettiva, tutto deve partire da lì e invece è stata messa ai margini del discorso politico e più in generale del discorso pubblico. Trovo sconcertante e desolante la spregiudicatezza delle condotte di molti e credo che sia l’idea di un’impunità generalizzata ad agevolare questa spregiudicatezza, così come può agevolarla la scarsa stigmatizzazione da parte dei partiti politici di appartenenza ma anche da parte del più ampio contesto sociale di riferimento. Occorre che l’indignazione dei cittadini non duri solo pochi giorni, sull’onda emotiva provocata dal rincorrersi delle notizie di cronaca, ma si radichi nel sentire comune e si traduca in un’attenta selezione dei propri rappresentanti nelle istituzioni”.
Diversi giuristi sostengono che che con il governo in carica si parla solo di norme “salva colletti bianchi” o che renderanno difficile le indagini nei loro confronti. Come giudica i primi passi di Meloni & Co sul tema?
“Dire che il governo Meloni stia facendo poco nella lotta alla corruzione è un eufemismo: governo e maggioranza si stanno piuttosto adoperando per aprire a corrotti e corruttori la strada dell’impunità, smantellando ogni deterrenza verso comportamenti che inquinano la società e l’economia e che colpiscono direttamente beni essenziali come la libertà economica e i diritti sociali dei cittadini onesti. La norma “Salvacorrotti” voluta da Fratelli D’Italia, Lega, Forza Italia e Azione-IV – in una sorta di maggioranza allargata per l’impunità dei colletti bianchi – comporterà di fatto una riduzione delle pene per chi compie i più gravi reati contro la Pubblica Amministrazione. Sottolineo che questi benefici saranno concessi anche alle associazioni a delinquere finalizzate alla corruzione. Sembra un incubo. Nel 2019 la nostra legge Spazzacorrotti fece fare all’Italia un’autentica svolta sul piano normativo, quella legge ha ottenuto elogi a livello nazionale e internazionale da soggetti di altissimo profilo come il Greco e Transparency International. Oggi Meloni, Salvini, Berlusconi, Renzi e Calenda ne cancellano un pezzo importante, consentendo la concessione dei benefici penitenziari a chi commette reati odiosi agli occhi dei cittadini e lo fanno proprio mentre le reti corruttive sono pronte a mettere le mani sugli enormi capitali del Pnrr. A proposito dello scandalo che colpisce il Parlamento Europeo, voglio sottolineare come tra i reati che il governo Meloni toglie dal novero di quelli ostativi vi sia anche la corruzione internazionale. Noi alla Camera nei prossimi giorni faremo battaglia, mi auguro che si rendano conto del danno che stanno facendo al nostro Paese”.
Qual è la ricetta di M5S, tanto in Italia quanto in Europa, per arginare il fenomeno corruttivo?
“Innanzitutto si dovrebbe partire dal lasciare che una legge importante come la Spazzacorrotti, che ha già dato frutti importanti, dispieghi i suoi effetti nel tempo, come ha giustamente detto ieri in audizione alla Camera il sostituto procuratore di Foggia Enrico Infante. Quella legge contiene molte novità importanti, ad esempio incentiva la collaborazione con la Giustizia di corrotti e corruttori. Invece il governo, con uno dei suoi primi atti importanti, la smantella, lanciando così un chiaro messaggio al malaffare che si nasconde al vertice della società: fate pure, noi ci giriamo dall’altra parte. Più in generale, bisogna continuare nel solco tracciato nella scorsa legislatura con il Movimento 5 Stelle al governo. Ad esempio occorre non depotenziare ma anzi valorizzare lo strumento delle intercettazioni, indispensabili per l’emersione degli episodi corruttivi come le inchieste giudiziarie ci raccontano, e rafforzare l’istituto del whistleblowing, altro strumento che ha consentito l’emersione di pratiche corruttive. Insomma, in Italia come in Europa, la ricetta è solo una: regole rigide, strumenti preventivi, investigativi e repressivi solidi”.