Dalla Camera al Senato, il copione di Giorgia Meloni è sempre lo stesso. Come anche i risultati in quanto anche da Palazzo Madama ha avuto il via libera alla risoluzione di maggioranza in vista del Consiglio Ue che inizierà oggi e finirà domani.
La Meloni conferma gli aiuti militari a Kiev e ironizza sul Reddito di cittadinanza: “Se lo diamo ai russi potrebbero ritirarsi”
Un discorso con cui la Meloni ha bacchettato l’Europa e ha ribadito la necessità di sostenere l’Ucraina. Punto, questo, da cui è emerso un certo nervosismo latente visto che, in modo gratuito, ha lesinato frequenti provocazioni ai 5S.
Quanto sia considerata l’Italia nel mondo “è un problema tutto italiano e lo tradisce il nostro dibattito interno” come visto durante “la campagna elettorale quando strumentalmente qualcuno sosteneva che con un governo a guida Meloni l’Italia sarebbe stata isolata nel mondo come se fosse davvero possibile farlo con una nazione fondatrice dell’Ue e della Nato” ha esordito il premier.
Poi ha continuato parlando dell’immigrazione dove “il tema non è la redistribuzione” ma “la pari dignità” tra i Paesi Ue che sarebbe venuta meno, e ha spiegato che la soluzione per arginare questa invasione “è fermare le partenze e difendere i confini esterni della Ue”. Sempre su Bruxelles ha poi auspicato che “la triangolazione Italia-Francia-Germania” finalmente funzioni visto che “l’Italia in questi anni è del tutto mancata” ma “per fortuna oggi la situazione è diversa”.
Parole con cui la Meloni rivendica uno status che il nostro Paese avrebbe ottenuto grazie a lei ma che si fatica a vedere nella realtà dei fatti. Ma da questo momento in poi, il discorso del premier diventa più aggressivo e iniziano le sferzate ai 5S. Tornando a parlare della percezione dell’Italia all’estero, ha lanciato una prima affondo: “Se davvero si fosse dovuto temere che con un nuovo governo” ci sarebbe stata “una posizione diversa sul conflitto in Ucraina, quel timore avrebbe potuto esistere se avessero vinto altri”.
Insomma per il premier la credibilità dell’Italia passa dal continuare a foraggiare il conflitto e non cercando di portare le parti in causa al tavolo delle trattative. Poco dopo parte una seconda bordata: “L’invio di armi avvenuto finora è stato deciso dal precedente governo, da una maggioranza che aveva come guida il M5S” e per questo “voglio ringraziarli”. Ironia che non si è fermata qui: “Io sono interessata a questo tema della pace, tutti lavoriamo e la vogliamo.
Se voi avete soluzioni che io non ho, vorrei che foste più concreti perché non è sventolando una bandierina che si ottiene la pace”. Ma l’affondo più pesante è arrivato poco dopo: “Chiedete, nella vostra risoluzione, l’immediato ritiro di tutte le truppe russe. Potete dirci come si possono ritirare? Volete proporre loro un Reddito di cittadinanza?”.
Questa provocazione è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Così a rispondere per le rime è stata la vicepresidente del Senato, Mariolina Castellone, spiegando che alla Meloni “che in Aula si è esibita in uno spettacolo indecoroso ridicolizzando i problemi del Paese, ricordiamo che il M5S ha votato un solo decreto per l’invio delle armi di difesa in Ucraina per consentire al popolo aggredito di esercitare il suo legittimo diritto all’autodifesa sancito dal l’articolo 51 della carta delle Nazioni Unite”.
Ma “adesso siamo in un momento storico totalmente diverso in cui bisogna lavorare incessantemente per la pace”. Insomma sull’invio di armi a Kiev, quanto sostenuto dalla Meloni non sarebbe del tutto esatto.
Eppure la cosa più grave di tutte, sempre secondo la vicepresidente del Senato, la spiega poco dopo dicendo: “Non credo sia degno di una presidente del Consiglio dire in un’aula parlamentare: ‘I russi ritireranno le truppe se gli diamo il Reddito di cittadinanza?’. Sono parole di spregio verso la sofferenza di una fascia debole di cittadini e sono parole che ridicolizzano perfino una tragedia come la guerra”.