Non bastava che la sua prima Manovra venisse bersagliata da ogni parte – dalla Corte dei Conti alla Banca d’Italia – ora per il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, il più draghiano dell’esecutivo Meloni, rischia di scoppiare la bomba del Mes.
È attesa a giorni la pronuncia della Corte costituzionale tedesca e per il nostro Paese si riproporrà la questione del sì o del no al Meccanismo europeo di stabilità (Mes). La Germania è, assieme all’Italia, il solo Paese a non aver ancora ratificato il nuovo trattato sul fondo Salva-Stati. Ma, a differenza del parlamento italiano, quello tedesco si è già espresso favorevolmente.
La Corte costituzionale tedesca deve pronunciarsi solo sulla legittimità di quel voto. Qualora la risposta fosse positiva per la Germania la partita sarebbe chiusa e allora la responsabilità sull’entrata in vigore o meno della riforma del Mes ricadrebbe solo sull’Italia. Ma se dalla Corte tedesca arrivasse il via libera allora sarebbero dolori per la maggioranza e per Giorgetti.
Il 7 novembre, al debutto all’Eurogruppo da titolare di via XX Settembre, il ministro leghista ha confermato l’impegno dell’Italia a ratificare il Mes preso dal precedente governo Draghi ma ha preso tempo subordinando il sì al trattato alle decisioni della Corte tedesca. Il punto è che le destre al governo – dalla Lega a Fratelli d’Italia (più sfumata la posizione di Forza Italia) – sono contrarie alla ratifica. E lo hanno ribadito nella mozione approvata il 30 novembre che impegna l’esecutivo a non approvare il disegno di legge di ratifica del Mes.
“Esprimiamo la nostra contrarietà – ha puntualizzato il Mef con la sottosegretario Lucia Albano di FdI – alla ratifica non per motivazioni ideologiche, come molti sostengono, ma perché riteniamo che le condizioni di accesso all’assistenza finanziaria siano eccessivamente stringenti”.
Ma dall’opposizione, il Pd e Azione-Italia viva non si rassegnano. Nonostante le loro mozioni a favore del Mes siano state sonoramente bocciate continuano a chiedere con insistenza il fondo Salva-stati. “Rifiutarsi di mettere 37 miliardi sulla sanità, come fa la Meloni perché è ideologicamente contro l’Europa, è un tragico errore. Per questo invito tutti a firmare la nostra petizione per chiedere il Mes subito”, ha dichiarato Matteo Renzi.
Luci e ombre
In realtà la posizione di Mario Draghi sul Mes non è che fosse così granitica. Nel marzo dello scorso anno, Draghi da premier dichiarò che “al momento il livello dei tassi di interessi è tale per cui prendere il Mes non è prioritario”. In più, aveva spiegato, “prenderlo senza avere un piano può significare buttare via i soldi”.
Giorgetti, che nutre in parte le stesse diffidenze, deve ora districarsi tra il no del suo partito e di quello degli alleati e l’Europa che continua a stargli col fiato sul collo. “Confidiamo che l’Italia adempia al proprio impegno politico” di ratifica della riforma del Mes, ha detto qualche giorno fa un alto funzionario europeo.
Ma la sabbia nella clessidra sta finendo e la strategia del governo non potrà più essere quella di buttare la palla in tribuna. Non a caso il M5S, da sempre ostile al fondo Salva Stati – oggetto di un’infuocata battaglia al tramonto del secondo governo Conte – richiama il governo alle sue responsabilità e lo accusa di mancanza di coraggio con la scelta di accodarci a Berlino.
“E se la Germania dovesse ratificare il trattato abbiamo il ragionevole dubbio di ritenere che anche su questo fronte, come su tanto altro il nostro Presidente del Consiglio farà marcia indietro confermando ancora una volta l’enorme differenza che c’è tra la Giorgia Meloni che urlava tra i banchi dell’opposizione e quella che oggi deve governare il Paese’’, ha dichiarato Filippo Scerra, deputato M5S e questore alla Camera.