Da una parte Matteo Salvini, dall’altra Giancarlo Giorgetti. Compagni di partito, certo. Colleghi di governo, senza dubbio. Ma allineati su due linee diverse per quanto riguarda i pagamenti con i contanti. Ed ecco che così ieri è scoppiato un curioso cortocircuito nel governo, tutto in salsa leghista. Salvini e Giorgetti – a conferma delle diversità di vedute tra i due, note da tempo – hanno di fatto mandato in tilt la linea dell’esecutivo Meloni sul ritorno della possibilità di non accettare i bancomat per le spese inferiori ai 60 euro.
Mentre uno ha descritto senza mezze misure come “rompipalle” coloro che pagano al bar con la carta di credito, l’altro ha più cortesemente invitato i clienti a cambiare ristorante se non accetta pagamenti elettronici. “Sul tema contante-pos, lei dice ‘Mi toglie la libertà di pagare con la carta quando vado al ristornate e pago 55 euro’. Lei ha la libertà di cambiare ristorante, lo faccia e le suggerisco di farlo”, ha detto il ministro dell’Economia rispondendo alla domanda di un parlamentare in audizione davanti alle commissioni Bilancio.
“Se tutti quelli che trovano un ristorante che non accetta lo facessero, tutti si doterebbero della macchinetta”, ha aggiunto. Insomma, un invito a ‘selezionare’ quali locali frequentare in base alla propensione ad accettare moneta elettronica, privilegiando chi lo fa. Che tra l’altro rappresenta una delle ‘strategie difensive’ immaginate da molte persone ormai abituate a girare senza contanti.
Poli opposti
E Salvini, invece? Come detto, di tutt’altro avviso. Durante una pausa del processo Open Arms che si sta celebrando a Catania, Salvini ha espresso la sua posizione. Sostanzialmente agli antipodi rispetto a quella del collega di partito che guida uno dei ministeri chiave del governo: “Io sono un liberale, ognuno deve essere libero di pagare come vuole. Se uno vuole pagare 2 euro il caffè con la carta di credito è solo un rompipalle”.
Dopo aver chiarito il suo punto di vista, il ministro delle Infrastrutture ha rivelato il suo amore per gli sportelli Atm: “Io cerco di pagare in contanti, perché a me piace andare a prelevare al bancomat”. Una difesa a oltranza della misura dell’innalzamento del limite mimino per accettare il pagamento con carta alla quale ha risposto, tra gli altri, il sindaco di Milano: “Pago il caffè con il cellulare, sono un rompipalle col botto”, ha scritto in una storia su Instagram Giuseppe Sala, condividendo un articolo che riporta le parole del ministro alle Infrastrutture, accompagnato dal commento e da una faccina sorridente.
Ma forti critiche sono arrivarte anche dal Movimento cinque stelle e dalla sinistra. Peppe De Cristofaro, capogruppo di Alleanza Verdi-Sinistra e presidente del Gruppo Misto, non ha ad esempio usato mezzi termini: “Salvini è contento della prima manovra del governo Meloni perché favorisce evasione fiscale, riciclaggio e furbetti vari.
Per il vicepresidente del Consiglio chi paga il caffè con il bancomat è un rompipalle invece è una persona normale che non ha niente da nascondere”. Chi invece “si ostina ad elevare il tetto del contante, chi mette un tetto minimo di spesa con il pos non aiuta gli italiani – ha aggiunto – ma solo quell’economia sommersa che nel 2020 le stime Istat danno a 174,6 mld di euro, con una incidenza sul Pil del 10,5%”.
Divisione di partito
Una rottura quella tra Salvini e Giorgetti che ovviamente trascende il campo economico e tocca anche il campo politico, specie in un periodo delicato come quello che sta vivendo la Lega, in cui la fiducia di cui ha ampiamente goduto il “Capitano” nell’ultimo periodo si sta affievolendo, per lasciare spazio all’ala più moderata che fa capo, tra gli altri, proprio al ministro Giorgetti.
Una divergenza di vedute, dunque, che potrebbe cominciare ad avere riflessi anche nel campo politico e nel futuro stesso del Carroccio e della sua leadership, a questo punto sempre più in ballo.
Stroncatura totale
Intanto, arriva la stroncatura della Manovra da parete di Confindustria. E meno male che doveva essere un Governo amico degli imprenditori. A sentire le parole pronunciate ieri da Carlo Bonomi dinanzi alle commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato, quel passaggio del discorso con cui Giorgia Meloni aveva accompagnato la presentazione della Manovra, deve essere evidentemente passato inosservato a Viale dell’Astronomia.
È una critica spietata, d’altra parte, quella di Confindustria alla Legge di Bilancio confezionata dal primo governo sovranista della storia repubblicana. A partire dall’aumento del tetto al contante a 5mila euro e dai pagamenti elettronici. “Non l’abbiamo mai chiesto, riteniamo che non apportino neanche un punto di Pil potenziale, neanche qualche decimale. Sono scelte politiche“, taglia corto Bonomi.
Non solo. “Non comprendiamo la ragione per cui si sia optato per un sostanziale dietrofront rispetto al Pnrr in tema di pagamenti elettronici, contraddicendo un impegno preso con la Commissione europea che rientrava tra quelli funzionali alla seconda rata dei finanziamenti del Piano”, aggiunge, a proposito della rimozione dell’obbligo per i commercianti di accettare il bancomat per pagamenti inferiori ai 60 euro, confidando che si tratti di “una mera svista”, che rischia “di rallentare il processo di digitalizzazione del Paese e ostacolare la lotta all’evasione”.
Insomma, dopo i Cinque Stelle e il Pd, anche Confindustria prende posizione schierandosi contro l’allentamento dell’obbligo di pos. Ma non è tutto. Perché nel resto della sua audizione Bonomi ha spiegato di avere perplessità anche su altre parti della Manovra. Non nascondendo tutta la “delusione” di Confindustria per l’intervento “risibile” sul cuneo fiscale.
“Ma anche su altre misure non vediamo una attenzione alla crescita del Paese”, ha proseguito: “Ci ha colpito che non c’è nessuna attenzione al Mezzogiorno d’Italia”, ha detto il numero uno di viale dell’Astronomia. “Siamo nella condizione di auspicare che la guerra in Ucraina continui per avere la decontribuzione al Sud, ed ovviamente non è nelle corde di nessuno auspicare che una guerra continui”, ha concluso Bonomi.