Presentando le linee programmatiche del suo ministero, martedì scorso, la responsabile dell’Università Anna Maria Bernini non ha previsto la grana che si profila alla Crui, la Conferenza nazionale dei rettori, chiamata ad eleggere il 5 dicembre prossimo il nuovo presidente.
La Crui il prossimo 5 dicembre sarà chiamata ad eleggere il nuovo presidente. In corsa c’è il rettore di Messina Cuzzocrea
Per prassi, secondo un principio di rotazione tra le macroaree del Paese, a questo giro la presidenza tocca al rettore di un Ateneo del Mezzogiorno, e il candidato di cui si fa il nome è il Magnifico di Messina, prof. Salvatore Cuzzocrea (nella foto). Un nome che però compare anche in una lunga relazione dell’Anac, l’Autorità anticorruzione, che ha contestato una serie di appalti, per circa quaranta milioni, assegnati dal Consiglio di amministrazione di Unime senza gara ad evidenza pubblica.
Ricorrendo alle deroghe per il Covid, insomma, l’Università avrebbe invocato le condizioni di massima urgenza per acquisire rilevanti beni e servizi, anche se questa urgenza non ci sarebbe stata. La vicenda, per le sue dimensioni, non è affatto sconosciuta negli ambienti accademici, pure a livello nazionale, tanto che a gennaio scorso sei deputati del Pd presentarono un’interrogazione al governo Draghi, rimasta senza risposta.
Successivamente l’Università ha replicato all’Anac, ma per ulteriore risposta si è vista rimarcare le critiche sulle gare fuori soglia assegnate discrezionalmente, e le carte sarebbero state trasmesse alla Procura della Repubblica peloritana. Per la Crui e per tutto il mondo dell’Università sarebbe dunque più che imbarazzante se il nuovo presidente dei rettori si insediasse in concomitanza con un nuovo scandalo giudiziario.
Più nel dettaglio, i passaggi che hanno attirato le critiche dell’Anac sono diverse. Nella delibera n. 184 del 5 aprile scorso concentra l’attenzione sulla misura del ribasso praticato per tutti gli aggiudicatari, pari al 25%, e la carenza dei requisiti per la progettazione da parte di alcuni vincitori (si fa per dire!) delle gare. L’Università guidata dal prof Cuzzocrea ha assegnato lavori per l’efficientamento energetico del proprio patrimonio immobiliare per oltre dieci milioni, per il restauro conservativo degli edifici per 7,8 milioni e per la riconversione di due nuclei di residenze universitarie per altri 9,3 e 8,4 milioni.
Una pioggia di soldi che secondo l’Autorità nazionale anticorruzione non avrebbero i presupposti per l’applicazione del regime derogatorio stabilito dalle specifiche norme seguite alla pandemia, in quanto i problemi da sanare “sono da ricondurre a incuria e carenza di manutenzione protratta per anni”.
In considerazione della discrezionalità con cui l’Università di Messina decide a chi affidare opere così rilevanti, l’Anac ha controllato con particolare attenzione anche le caratteristiche delle imprese scelte, e nel caso delle residenze per gli studenti dell’ex Hotel Riviera ha scoperto l’assenza persino delle certificazioni Soa, mentre una relazione del Genio Civile di Messina afferma l’incongruenza tra i nomi di alcuni progettisti, anche nell’istanza di autorizzazione sismica, rispetto a quelli che poi avrebbero seguito le opere. E il condizionale è d’obbligo, perché ci si perde nelle carte prodotte in un contesto decisamente poco lineare.
Una storia, quindi, che sembra destinata ad avere sviluppi importanti, e che si sta cercando di tenere sotto al tappeto, almeno fin quando non si arriverà all’elezione del presidente dei rettori italiani. Una responsabilità che con tutti i problemi che ci sono nelle nostre Università non ha certo bisogno di nuove macchie, soprattutto se tutt’altro che ignote.