Anche i vescovi italiani bocciano senza appello il governo Meloni sulla gestione dei migranti. ”Siamo sicuri che la chiusura verso i migranti e i rifugiati e l’indifferenza per le cause che li muovono siano la strategia più efficace e dignitosa per gestire quella che non è più solo un’emergenza?”. Per i vescovi italiani, sbarrare le porte ai migranti fa parte del diffondersi di una “cultura di morte”.
Per i vescovi italiani sbarrare le porte a chi fugge da fame e miseria è un comportamento disumano
Parole utilizzate in diverse occasioni anche dalle Organizzazioni umanitarie, che ieri invece sono tornate a respingere l’accusa rilanciata dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, di rappresentare un fattore di attrazione per i criminali che lucrano sui barconi carichi di disperati: “È una fake news”.
Il durissimo atto d’accusa dei vescovi è contenuto del messaggio della Cei per la 45/a Giornata Nazionale per la Vita, che ricorrerà il prossimo 5 febbraio. I vescovi vi esprimono “la preoccupazione che nasce dal constatare come il produrre morte stia progressivamente diventando una risposta pronta, economica e immediata a una serie di problemi personali e sociali”. Tanto più, aggiungono, che “dietro tale ‘soluzione’ è possibile riconoscere importanti interessi economici e ideologie che si spacciano per ragionevoli e misericordiose, mentre non lo sono affatto”.
Questo avviene, si elenca nel messaggio, quando si sceglie l’aborto, quando si ricorre all’eutanasia o al “suicidio assistito”, quando si dà sfogo alla violenza, persino sui piccoli, dentro le mura domestiche, quando non si trova altra scelta che togliersi la vita. Ma anche, “quando l’accoglienza e l’integrazione di chi fugge dalla guerra o dalla miseria comportano problemi economici, culturali e sociali… si preferisce abbandonare le persone al loro destino, condannandole di fatto a una morte ingiusta”.
O anche “quando si acuiscono le ragioni di conflitto tra i popoli… i potenti e i mercanti di morte ripropongono sempre più spesso la ‘soluzione’ della guerra, scegliendo e propagandando il linguaggio devastante delle armi, funzionale soprattutto ai loro interessi”.
Ecco quindi che “dare non la morte ma la vita” è l’appello dei presuli italiani in base all’insegnamento della fede che “ci guida a lasciarsi sfidare dalla voglia di vivere dei bambini, dei disabili, degli anziani, dei malati, dei migranti e di tanti uomini e donne che chiedono soprattutto rispetto, dignità e accoglienza”.
Intanto, le ong impegnate nel soccorso in mare rivendicano la bontà della loro azione. “Tra qualche settimana torneremo in mare per salvare vite”, fa sapere Sos Méditerranée, aggiungendo: “Non è vero che le ong rappresentino un fattore di attrazione per i migranti. Il ‘pull factor’ è una vecchia fake news, non esiste”.
“L’accusa rivolta alle ong di collaborare con i trafficanti, che non è mai stata dimostrata, è gravemente diffamatoria ed è oltremodo offensiva per noi che paghiamo nella nostra carne le conseguenze degli attacchi che la mafia libica ci rivolge proprio per il nostro lavoro”, spiega su Avvenire il cappellano di Mediterranea Saving Humans, don Mattia Ferrari. “Siamo sconcertati nel sentire ancora parlare di ‘pull factor’. I più importanti organismi internazionali hanno già smentito abbondantemente questa teoria dimostrando che i dati sono gli stessi con o senza navi umanitarie”, dice la ong catalana Open Arms.