Con il governo di Centrodestra, si torna a parlare di emergenza migranti. Eleonora Camilli, giornalista esperta in immigrazione, secondo lei siamo davvero davanti a una situazione fuori controllo?
“I dati del ministero dell’Interno, aggiornati al 7 novembre, ci dicono che le persone sbarcate in Italia sono state 88 mila persone. Un dato in aumento rispetto all’anno scorso quando erano 55mila e al 2020 quando erano 30mila ma che è ben lontano dai valori raggiunti in passato. Tanto per capirci tra il 2016 e il 2017 avevamo tra i 150 e i 180mila sbarchi all’anno. Mi sembra evidente che non siamo davanti a un numero mai visto quindi non si può parlare di un’emergenza”.
Il ministro dell’Interno è Matteo Piantedosi e non più Matteo Salvini. Eppure al Viminale sembra di essere tornati indietro a quattro anni fa, ossia all’epoca dei porti chiusi, della guerra alle ong e del braccio di ferro con l’Europa. Che effetto le fa questo ritorno al passato?
“È un eterno giorno della marmotta. Piantedosi era il capo gabinetto di Salvini al Viminale e non stupisce che stia portando avanti le stesse battaglie del leader della Lega, inclusa la criminalizzazione delle ong. Eppure proprio in riferimento ai numeri di cui le ho parlato prima ci tengo a sottolineare che sugli 88mila arrivi conteggiati, le ong hanno inciso pochissimo. Per la precisione soltanto il 16% degli sbarchi sono arrivati così, il resto derivano da sbarchi autonomi o da soccorso della guardia costiera. Davanti a dati simili è difficile spiegare tanto astio se non come una battaglia di posizionamento ideologico e politico, al pari di altri provvedimenti come quello sui rave”.
Negli ultimi giorni ha fatto molto discutere la tesi del ministro Piantedosi secondo cui le “navi umanitarie sono un fattore di attrazione per i migranti” che decidono di attraversare il Mediterraneo in quanto sanno che le ong correranno a soccorrerli. Ma gli esperti sono scettici e sostengono che non esiste alcuno studio scientifico che supporti tale teoria. Qual è la verità?
“Questa del pull factor è un motivetto che va avanti da anni, perfino dai tempi dell’operazione internazionale Mare Nostrum. Le dico solo che perfino Ispi ha fatto uno studio ma non ha trovato riscontri. A mio parere dovremmo iniziare a parlare di push factor, ossia di quei fattori – come guerre, violenze e ristrettezze economiche – che spingono le persone a lasciare il proprio Paese”.
Intanto da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, l’Italia e l’Ue hanno aperto le porte a migliaia di profughi. Eppure non viene fatto altrettanto per quanti fuggono dall’Africa?
“Mentre noi gridiamo all’emergenza per l’arrivo di 88mila persone via mare, dall’Ucraina nello stesso tempo ne sono arrivati 171mila. Per l’accoglienza dei profughi ucraini, la Commissione Ue e l’Italia hanno deciso di adottare, giustamente e ci tengo a sottolinearlo, la direttiva 55 del 2001 per l’accoglienza e la protezione dei profughi. È interessante notare, però, che la stessa direttiva non è stata attivata per la popolazione afghana dopo il ritorno al potere dei talebani. Questo significa che sono decisioni politiche. E le faccio notare che l’Europa da anni investe ingenti fondi per il controllo delle frontiere”.
A pensar male si potrebbe pensare che c’è qualche forma di razzismo…
“Questo non so dirglielo. Le posso dire soltanto che negli ultimi anni è innegabile il fatto che sia l’Italia che l’Ue hanno investito molti soldi per esternalizzare e controllare le frontiere così da tenere le persone il più possibile lontano dall’Europa. Soldi che, ci tengo a precisarlo, andavano spesi molto meglio”.
Da destra si dice sempre che l’Italia è lasciata sola ad affrontare la questione migratoria. Eppure i dati sembrano dire il contrario visto che siamo uno dei Paesi Ue che ospita meno profughi in rapporto alla popolazione residente. Tanto per intenderci circa tre profughi ogni mille abitanti, quando la Germania ne ospita cinque volte tanti e Malta sei volte. Cosa si sente di dire a chi sostiene questa tesi smentita dai fatti?
“Noi guardiamo solo gli arrivi via mare ma non ci chiediamo mai cosa succede dopo. L’Italia, da sempre, è considerata un Paese di transito e la maggior parte delle persone che sbarcano da noi, poi cercano di andare in altri Stati europei. Possiamo dire, senza timore di essere smentiti, che di fatto si ricollocano da soli. E infatti quando andiamo in Europa a sbattere i pugni, gli altri Paesi ci dicono che già prendono gran parte dei profughi arrivati sul suolo italiano. La realtà è che non siamo il Paese che accoglie di più e nemmeno quello che sta vivendo un’emergenza. Probabilmente il tema migratorio è usato per distogliere l’attenzione su altri problemi, come il welfare carente e la povertà dilagante, a cui dovrebbe mettere mano la politica ma che, evidentemente, non sa come fare”.