Raffaella Casciello il mondo dell’attivismo lo conosce e lo frequenta da anni. È portavoce di UP! Su la testa!, un’organizzazione politica che dà voce a “lavoratrici e lavoratori, studentesse e studenti, persone che per la propria condizione sociale e generazionale continuano a pagare caro il prezzo della crisi, degli anni di austerità, della precarietà, dello smantellamento dei servizi pubblici, del razzismo sistemico, dell’omolesbobitransfobia dilagante, delle diseguaglianze insopportabili, dell’assenza di opportunità e prospettive”. Con lei abbiamo parlato degli scontri tra studenti e polizia all’università La Sapienza e del dissenso che verrà.
Partiamo dall’inizio, l’altro ieri. Che ne pensa degli scontri all’università e delle reazioni della politica?
“Fa tornare in scena meccanismi che abbiamo già visto nei decenni passati, direi dalla nascita della Repubblica. Tornano in maniera forte su giovani che hanno deciso di manifestare il proprio dissenso a un convegno. Si tratta di un episodio che racconta anche l’orientamento di questo governo. I fatti vengono immediatamente dopo il discorso alla Camera di Giorgia Meloni in cui parlava di “simpatia” per giovani che manifestano il proprio dissenso, lasciando trasparire un approccio paternalistico che serve a neutralizzare il pensiero divergente, a non prenderlo sul serio. A me lascia la sensazione di voler spostare, come sempre, i manifestanti al di fuori dal campo democratico additandoli come nemici della nazione. È un segnale terribilmente preoccupante: la democrazia è tutela delle minoranze dei pensieri differenti”.
Molti politici hanno detto che i veri fascisti sarebbero stati gli studenti. Ormai il termine “fascista” vale per tutto?
“È in atto un tentativo di neutralizzare il dato storico di un evento che avuto conseguenze devastanti sulle. Utilizzare l’aggettivo “fascista” come se fosse neutrale è un profondo errore. Soprattutto perché descrive il tentativo di offuscare alcuni eventi, di neutralizzare il portato di un pensiero differente. ‘Fascista’ ha senso preciso, anche in questo momento storico di riferisce a dinamiche chiare e precise. L’università dovrebbe essere cattedrale di libertà, di scelta e di pensiero. La fiamma nel simbolo, ad esempio, quella è ‘fascista’..”
Molte condanne contro gli studenti sono arrivate anche dal mondo liberale, in primis Calenda…
“La gente che applaude le manganellate mi disorienta. Questo è emblematico del cambiamento strutturale in atto. Da quando la tecnocrazia è diventata l’unico strumento e la politica ha perso la sua funzione nei processi democratici è successo che tecnocrazia è diventato l’unico strumento di sintesi che riduce a mera tecnica il bilanciamento degli interessi (che guarda caso è sempre a favore delle classi dominanti). Questo è già contrario alle fondamenta della democrazia per come la intendiamo noi (ovvero come strumento di tutela delle minoranze, perché tutti possano sentirsi liberi di dire la propria opinione). Così la politica finisce per essere un viatico interessi del potere e mai di quelli senza voce”.
Si potrebbe obiettare: Capezzone aveva diritto di tenere comunque la sua conferenza…
“Io credo che Capezzone abbia il diritto di tenere la sua conferenza e che gli studenti hanno il diritto di dissentire. Quello che trovo illegittimo è l’utilizzo della forza per reprimere chi la pensa diversamente. È lo Stato a essere illegittimo se usa la forza come strumento di offesa”.
Negli ultimi anni la politica ha ancora di più criminalizzato il dissenso. Ha responsabilità anche il centrosinistra?
“Assolutamente sì, anche per le larghe intese con governi di tutti i colori. Bisogna farli lavorare, ripetono spesso. Lo dicevano anche in pandemia, anche sulla guerra (i pacifisti vengono etichettati come nemici della nazione perché esprimono opinione divergente). Per chi governa c’è sempre un buon motivo per non dissentire. Per effetto di una normalizzazione della politica è avvenuto che non c’è più la possibilità di interpretare le dinamiche di lotta con strumenti che riescano a mettere in discussione il potere. Tocca a noi che scendiamo in piazza (per il clima, per la pace, per l’antifascismo) fare ricordare cosa significhi il diritto al dissenso. Il centrosinistra non mi sembra in grado di rappresentare queste istanze, c’è evidentemente distanza consistente”.
E come si organizza il dissenso, senza l’aiuto della politica?
“Una traccia ce l’hanno dato i giovani, quelli che vengono criminalizzati. Per esempio, per effetto delle manifestazioni sui temi ambientali oggi c’è una fiducia nei confronti di questi giovani che si mobilitano e che mettono al centro alcune questioni. Un modello sono anche le battaglie femministe che negli ultimi anni hanno fatto emergere un modo differente di produrre battaglia politica e presenza in piazza in grado di raccogliere tutte le istanze. La speranza sta lì. In questo momento di grande crisi della politica e dei movimenti è necessario guardare a queste nuove forme di organizzazione”.
Si inasprirà il dissenso nei prossimi mesi?
“All’orizzonte di sono grossi problemi: le condizioni materiali delle persone, le bollette, i salari fermi da 30 anni È chiaro che nei prossimi mesi si alzeranno i livelli di conflitto. Ma pensare che il conflitto non sia fondamentale per far emergere le questioni, quello sì è fascismo”.
Come innescare la partecipazione nei partiti?
“Dipende dai partiti e dipende e dalla creatività di costruire nuove forme di organizzazione. I giovani sono impegnati su femminismo, diritti civili, questioni ecologiste. Hanno idee più chiare degli adulti. Questa nuova proiezione del mondo futuro produrrà nuove forme di organizzazione che credo vadano strutturate. E credo che ci sia bisogno di una riforma totale dei meccanismi di partecipazione”.