Quarantasette anni dopo il conflitto a fuoco, avvenuto nell’Alessandrino, in cui morirono la brigatista Mara Cagol, moglie di uno dei fondatori delle Brigate Rosse, l’ex terrorista Renato Curcio, e l’appuntato dei carabinieri, Giovanni D’Alfonso, arriva la svolta nelle indagini con gli interrogatori di alcuni ex appartenenti alle Br.
Il 5 giugno 1975, a Melazzo, morirono in un conflitto a fuoco la brigatista Mara Cagol e l’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso
Lo scontro a fuoco avvenne il 5 giugno 1975, a Melazzo, in occasione della liberazione dell’imprenditore Vittorio Vallarino Gancia, sequestrato il giorno prima. A distanza di oltre quattro decenni, le indagini condotte dai carabinieri del Ris di Parma potrebbero dare un nome a chi partecipò a quello che è passato alla storia come il primo sequestro di persona a scopo di autofinanziamento operato dalle Brigate Rosse.
La Procura di Torino ha interrogato alcuni ex Br. Novità dalle indagini condotte da Ros e Ris
L’attività investigativa fa seguito agli accertamenti scientifici cui sono stati sottoposti, con le più moderne tecniche, i reperti sequestrati all’epoca della sparatoria. Nel corso degli anni si sono fatte varie ipotesi sulla identità del brigatista che riuscì a fuggire. A far riaprire l’inchiesta, condotte dal Ros e coordinate dai magistrati del pool antiterrorismo della Procura di Torino e dalla Direzione nazionale antimafia, con un esposto, è stato Bruno d’Alfonso, anche lui carabiniere, figlio dell’appuntato morto nella sparatoria insieme alla brigatista Mara Cagol. “E’ una questione di giustizia e di verità storica. Anche per onorare la figura di mio padre, un eroe che diede la vita per le istituzioni”, ha detto D’Alfonso.