Due aiutini da casa per chi ancora non ha capito come navigherà il nuovo governo. Il primo è arrivato ieri mattina con l’ex sottosegretario Mulè, che ha chiesto le dimissioni dagli incarichi di partito ai colleghi di Forza Italia entrati nel governo. Una proposta impensabile quando a comandare c’era solo Berlusconi, ma ormai quell’epoca è finita e i forzisti si dividono in due categorie: quelli con poltrona e quelli senza, con i secondi manovrabili dal capo per tenere sulle spine la premier.
Passa qualche ora e l’altro alleato, la Lega, gioca un altro scherzo a Palazzo Chigi. Mentre la Meloni sta scrivendo il discorso programmatico che leggerà stamattina, Salvini ne scrive uno tutto suo, mettendoci dentro le solite cose, costosissime, promesse in campagna elettorale. Kryptonite per Giorgia, che sembra preferire i compitini ereditati da Draghi.
Per questo la grancassa mediatica si spertica in lodi sulla sua sobrietà, la sua capacità, la sua serietà, chiudendo gli occhi su quanto si sia piegata per accettare una squadra di governo così deludente, persino peggiore di quella del Cavaliere nel 2008 dove almeno un giovane ce l’avevano infilato: proprio lei.
Dunque, la Presidente del Consiglio va attesa al varco dei suoi provvedimenti, ma sbaglia di grosso chi non vede o non vuol vedere che questo Centrodestra è troppo rissoso per andare lontano. E al di là delle fantasie sull’uomo – o la donna – forte al comando, la Meloni e i suoi ministri troppo deboli per risolvere i problemi del Paese.