Chissà quanti avrebbero immaginato che dopo dodici giorni dal voto, la squadra del governo Meloni a trazione Centrodestra sarebbe stato ancora un lontano miraggio. Eppure, malgrado le rassicurazioni di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi che a turno dicevano che “in dieci minuti” avrebbero chiuso la partita, la realtà è che qualcosa si è inceppato a suon di veti e pretese.
Governo, la Meloni inizia a mal sopportare le bizze degli alleati, tanto più che la stessa ha già fatto loro diverse concessioni ancor prima del voto
Quel che è certo è che, a dispetto di quanto racconta pubblicamente, la leader di Fratelli d’Italia inizia a mal sopportare le bizze degli alleati, tanto più che la stessa ha già fatto loro diverse concessioni ancor prima del voto.
Proprio per questo, dopo aver chiesto al Capitano e al Cavaliere una lista di nomi da inserire nella squadra di governo e non ricevendo risposta, sarebbe perfino tentata dal dare loro un ultimatum perché bisogna chiudere la pratica entro la prossima settimana. Tradotto in soldoni l’idea di Giorgia è di convincere Matteo e Silvio a mettere da parte ripicche personali e discutere seriamente dei nomi per i vari ministeri ma se non vorranno farlo, allora lei andrà avanti da sola e presenterà la sua lista su cui, poi, deciderà il futuro Parlamento.
“Sono disposta ad ascoltare tutti e a tenere conto delle loro indicazioni, ma sul principio non si può derogare: serve un governo forte e coeso, autorevole, di persone competenti, di alto profilo” in quanto quella che si intravede, spiega la stessa Meloni, è “la fase più difficile della storia della Repubblica”. Una consapevolezza che, assicura, “non mi farà imporre nomi che non siano all’altezza del compito” soprattutto perché, come ha confidato in più occasioni, “io ci sto mettendo la faccia”.
Anche qui il messaggio agli alleati appare piuttosto chiaro, ossia nessuno si dovrà scandalizzare per la presenza di tecnici nella futura squadra di Governo perché è il periodo storico a richiederli. Ma che ci siano tensioni nel Centrodestra lo si capisce anche dai numerosi big che in queste ore stanno prendendo la parola per cercare di calmare le acque e magari dirottare le attenzioni sulla stampa che, secondo loro, sta cercando un caso dove non c’è.
A pensarla così è Guido Crosetto secondo cui “leggo ricostruzioni, pettegolezzi, totonomi, indiscrezioni e mi chiedo come dovrebbe essere l’informazione in un momento nel quale, semplicemente, non ci sono notizie, perché c’è riflessione, ragionamento, confronto, consapevolezza del periodo economico e sociale in corso”.
Stessa linea anche dal presidente leghista del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, convinto che “al momento si sta facendo una riflessione per creare il miglior governo possibile, in un momento estremamente delicato a livello globale. Sto leggendo molte ipotesi, e sul toto-ministri manterrei la calma: fino al 13 ottobre le Camere non si insediano, il 14 verrà eletto il presidente della Camera, mentre il 13 quello del Senato, dopodiché verrà affidato l’incarico e si procederà velocemente alla formazione del Governo”. Insomma nel Centrodestra regna il caos ma è chiaro che i tre leader, pur negandolo, stanno ragionando sui nomi da proporre.
La partita più complicata resta quella del Viminale
La partita più complicata resta quella del Viminale dove Salvini spera in qualche modo di riuscire a spuntarla, tanto più che il veto posto sulla sua testa è stato rimosso. Questo, però, non significa che il Capitano tornerà all’Interno perché Meloni & Co restano piuttosto freddi e per questo caldeggiano l’ipotesi di affidare il Viminale al prefetto Matteo Piantedosi, ex capo di gabinetto di Salvini.
Alla Difesa potrebbe approdare il generale Luciano Portolano
Passi avanti per la Difesa dove potrebbe accasarsi il generale di corpo d’armata Luciano Portolano, già segretario generale della Difesa e direttore nazionale degli Armamenti. Qui gli altri nomi restano quelli di Ignazio La Russa, Adolfo Urso e Crosetto anche se quest’ultimo sembra destinato allo Sviluppo Economico.
Spunta il nome di Giampiero Massolo per gli Esteri
Agli Esteri sembra perdere quota il nome di Elisabetta Belloni che non starebbe incontrando il gradimento di tutti e tre i leader, per questo a sorpresa è spuntato il nome di Giampiero Massolo. All’Agricoltura, ministero che la Lega pretende per sé, dovrebbe finire Gian Marco Centinaio o in alternativa Ettore Prandini, già presidente di Coldiretti.
Molto incerta anche la partita per il ministero della Salute
Molto incerta anche la partita per il ministero della Salute dove Forza Italia, pur sapendo della contrarietà di FdI, continua a spingere per Licia Ronzulli. Per questo l’erede di Roberto Speranza potrebbe essere Gian Vincenzo Zuccotti dell’ospedale Buzzi di Milano oppure Alberto Zangrillo, primario del San Raffaele e medico di fiducia di Berlusconi. Altro nome che circola è quello dell’ex direttore dell’Ema, Guido Rasi.
Alle Infrastrutture due i big in lizza: Rampelli di FdI e Rixi della Lega
Alle Infrastrutture la partita viene giocata tra due big, ossia Fabio Rampelli di FdI e Edoardo Rixi della Lega, mentre per il ministero degli Affari regionali – ritenuto vitale per il Carroccio – la partita è tra Attilio Fontana, Roberto Calderoli o il forzista Raffaele Fitto. Al Mef prende quota la candidatura dell’ex ministro Domenico Siniscalco che dovrebbe spuntarla sull’esperto economico di FdI Maurizio Leo.