“Ragazzi, io leggo cose abbastanza surreali sulla stampa, che poi dovrei anche commentare. Consiglio prudenza”. Giorgia Meloni dagli uffici di Fratelli d’Italia a Montecitorio tenta di calmare i cronisti sul totonomi del prossimo governo.
La Meloni ha fatto sfaceli per mandare a casa i Migliori. Ma adesso vuole imbottire il Governo di tecnici
Vorrebbe, la Meloni, che qui fuori non si parlasse del governo che verrà, come se non esistessero le voci dei suoi alleati che da giorni si affastellano con ipotesi, smentite e recriminazioni. Va male a Giorgia Meloni. Non è una “voce” che Matteo Salvini abbia preteso fin dai minuti successivi al conto delle schede il Viminale per sé, consapevole che solo il ministero dell’Interno sarebbe un atterraggio morbido dopo il tonfo alle elezioni
A Salvini il Viminale serve per cupidigia personale ma soprattutto per calcolo politico: dopo il deludente risultato elettorale nella Lega aspettano solo che il segretario leghista perda la partita anche delle trattative politiche per impallinarlo. Dall’altra parte Silvio Berlusconi continua a ripetere che pretende pari dignità della Lega. Detta in soldoni Silvio vuole al governo gli stessi ministri che verranno dati al Carroccio, uguali nel numero e nel prestigio.
Il puzzle del prossimo governo per Giorgia Meloni è un sentiero irto su più fronti: deve tenere buoni gli alleati nonostante li abbia fagocitati nei numeri, ha l’obbligo di rassicurare la comunità internazionale e dovrà affrontare l’emergenza dei prezzi dell’energia. Ieri il responsabile di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli intervenendo ad Agorà ha provato a smorzare le polemiche:
“Sarà un governo politico. – ha detto – Con chiara indicazione politica, saranno persone con una chiara connotazione politica, con un mandato politico, culturale, elettorale che si riconoscono nel nostro programma, che hanno contribuito a scrivere il nostro programma. Saranno politici di qualità”.
Salvini e Meloni però sono tutt’altro che tranquilli. Oggi è fissato il Consiglio federale della Lega
Salvini e Meloni però sono tutt’altro che tranquilli. Per oggi è fissato il Consiglio federale della Lega “per fare il punto della situazione, con l’obiettivo di costruire in tempi rapidi la squadra di governo più efficace possibile”.
Ieri il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani a Radio 24 ha chiesto ancora una volta “un governo politico con tanti ministri politici”: “se c’è qualche tecnico – ha aggiunto Tajani – non è un problema ma il centrodestra è coeso e non vedo grandi difficoltà. I leader lavoreranno e troveranno la soluzione giusta”.
Del vero punto politico però non parla nessuno: Giorgia Meloni, ancora prima di diventare presidente del Consiglio ha già smentito molte delle promesse in campagna elettorale. Nel giro di qualche ora si è allineata con Mario Draghi seguendolo sul no secco allo scostamento di bilancio per arginare la crisi dei prezzi dell’energia, si è affidata a lui per impostare le scelte economiche in previsione della prossima Legge di bilancio e si affida a Draghi per costruire la propria credibilità internazionale.
“Stiamo dicendo ai nostri elettori che l’opposizione di questi mesi era solo propaganda – dice un senatore meloniano riconfermato – e rischiamo di essere deludenti prima ancora di andare al governo”. Ricorrere ai tecnici, più che ai politici, sarebbe per molti (sopratutto nella Lega e in Forza Italia) l’ammissione di un’inadeguata classe dirigente.
“Chiedevamo le elezioni per dire basta ai governi tecnici e ora li facciamo noi?”, è la domanda che verrà posta a Salvini oggi durante la riunione tra i maggiorenti della Lega. Immaginate lo sconforto di un elettore di questa destra che ascolta le ipotesi di riconferma del ministro dell’Economia che fu di Draghi (che dell’economia dovrebbe essere il vampiro, secondo l’idea diffusa).
Immaginate lo sconforto di chi si aspettava una netta inversione di rotta e invece osserva Meloni entrare in combutta con il “governo dei migliori” mentre gli odiati Renzi e Calenda s’offrono per essere la stampella per le riforme. C’è nell’aria il profumo di un governo semi tecnico, un po’ più oscurantista del precedente nella sua componente politica, in cui cambia solo il direttore dell’orchestra.
“Troppi parlamentari al governo creano un problema in Aula per avere la maggioranza!”, spiega il meloniano Donzelli. Una classe dirigente, del resto, è più difficile da costruire rispetto al consenso elettorale.