Quello che ancora non riescono a fare molti gruppi industriali e finanziari europei è riuscito ad Enel, che si unisce alle grandi imprese tiratesi fuori dalla Russia. Vladimir Putin ha firmato infatti il decreto con cui si autorizza la cessione a Lukoil e al fondo di investimento Gazprombank-Frezia della partecipazione in Enel Russia.
Autorizzata dal Cremlino la cessione a Lukoil e al fondo di investimento Gazprombank-Frezia della partecipazione in Enel Russia
Un via libera atteso da qualche mese e che permette al gruppo italiano di sottrarsi al mercato russo compromesso dalle sanzioni imposte dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. L’accordo era stato raggiunto e annunciato a metà giugno, ma era rimasto congelato dopo la decisione di Putin di avocare a sè l’ultima parola su tutte le operazioni di cessione da parte di gruppi dei Paesi considerati “ostili”.
A inizio agosto il presidente russo ha infatti aggiunto ai suoi poteri anche quello di veto sul settore energetico e su quello bancario, bloccando eventuali disinvestimenti in progetti o asset potenzialmente strategici. Non è stato evidentemente così per Enel che ha invece ricevuto il benestare del Cremlino alla cessione dell’intera partecipazione, pari al 56,43%, in Enel Russia, vendendo tre centrali da circa 5,6 GW di capacità convenzionale e due parchi eolici da 300 MW di capacità per 137 milioni di euro.
A giugno il gruppo guidato dall’Ad Francesco Starace (nella foto) aveva precisato che l’uscita dalla Russia avrebbe generato un effetto positivo sull’indebitamento finanziario netto consolidato per circa 550 milioni di euro e un impatto negativo sull’utile netto di gruppo di circa 1,3 miliardi di euro, principalmente dovuto al rilascio della riserva di conversione cambi, per circa 1,1 miliardi di euro al 31 maggio 2022. Un effetto contabile che comunque non avrà alcun impatto sui risultati economici ordinari.