Più che l’occasione per discutere delle responsabilità nel tracollo elettorale, il Consiglio federale della Lega ha guardato soprattutto al futuro e ai problemi da risolvere nel Paese. Criticità alle quali dovrà rispondere il nuovo governo di Centrodestra, di cui la Lega sarà parte fondamentale come fanno sapere i tanti big presenti.
Più che discutere delle responsabilità nel tracollo elettorale, il Consiglio federale della Lega ha guardato soprattutto al futuro e ai problemi da risolvere nel Paese
Oltre tre ore di incontro in cui è stato ribadito il rammarico per la percentuale raggiunta, ben al di sotto di qualsiasi previsione, che molti hanno liquidato – sostanzialmente autoassolvendosi – come la conseguenza della convivenza forzata con Pd e Cinque Stelle. Ciò nonostante dal Consiglio è emersa anche la soddisfazione per i 95 parlamentari eletti che Matteo Salvini riunirà domani a Roma.
Insomma il Capitano non ha abbandonato la nave che affonda, malgrado in molti glielo stessero chiedendo, e nel Consiglio non sono volati gli stracci. Questo, però, non significa che la situazione in via Bellerio sia rientrata e che quel dissenso emerso nelle ore successive al voto è già un ricordo lontano, anzi.
Insomma il processo a Salvini è soltanto rimandato. A farlo capire sono proprio i big del Carroccio che stanno dando vita a quella che è già stata ribattezzata come la fronda del Nord. Una mobilitazione che si è resa necessaria soprattutto alla luce della più classica goccia che ha fatto traboccare il vaso, ossia l’estromissione dal Parlamento – dopo ben trentacinque anni – dello storico leader Umberto Bossi.
Uno smacco soprattutto per tutti quelli esponenti della vecchia Lega che ora sono sul piede di guerra, a partire da Roberto Maroni che sul Foglio ha detto la sua: “Il congresso straordinario della Lega ci vuole. Io saprei chi eleggere come nuovo segretario. Ma, per adesso, non faccio nomi. Stay tuned”.
Dello stesso avviso Roberto Castelli che all’Huffington post ha detto la sua sulla debacle elettorale puntando il dito su Salvini. A suo dire abbiamo raccolto “i frutti di una linea politica sbagliata” con “la Lega che è passata dall’essere un partito no Euro, – nel 2018 i nostri validi economisti, Enrico Borghi e Alberto Bagnai, dicevano che dovevamo uscire dall’Euro – al finire nel governo più europeista di tutti”. “Questa giravolta in molti non l’hanno capita” e per questo “hanno visto nella Meloni una persona più affidabile”.
“La stagione del Salvini premier è finita” e il segretario presto o tardi dovrà prenderne atto, conclude Castelli. Ma il Congresso nazionale che potrebbe prendere decisioni radicali è ancora lontano, attualmente è previsto per il 2023, e per questo in molti – a partire da Paolo Grimoldi – stanno spingendo per convocare urgentemente la riunione che, com’è prevedibile, diventerà un processo al segretario.