Piazza Santi Apostoli è gremita già mezz’ora prima dell’orario previsto per la chiusura della campagna elettorale del Movimento Cinque Stelle. Una foto che fa a pugni con la Piazza del Popolo semivuota in cui quasi in contemporanea parla il numero uno del Pd, Enrico Letta.
Un ultimo bagno di folla quello nella piazza cara all’Ulivo e simbolo della rimonta elettorale della sinistra che ripaga Giuseppe Conte di tutto l’impegno profuso in una campagna elettorale che ha affrontato con le sue sole forze. E se il voto di domenica lo premierà il risultato sarà tutto suo. Sullo sfondo del palco e sui maxi schermi lo slogan “Dalla parte giusta. Conte presidente”.
E in quest’ultima tappa, dove manca la tradizionale benedizione di Beppe Grillo, riaffiora il vecchio e il nuovo popolo 5 Stelle, le bandiere del Movimento mescolate a quelle del popolo Lgbt, le antiche parole d’ordine – “onestà, onesta” – invocate e dirette ai big del passato, quelli del secondo mandato che non si ricandideranno, come Alfonso Bonafede, Roberto Fico e Paola Taverna.
Orgoglio e contenuti
“Ma che succede? Ci avevano dati per morti. Questa piazza però mi sembra sintomo di buona salute. Ancora una volta si sono sbagliati. Domenica è un momento importante per la nostra comunità nazionale: dobbiamo scegliere e comprendere la portata storica di questo voto”, dice il leader dei pentastellati.
Le parole guerriere sono quelle che va ripetendo da giorni nel lungo tour de force che lo ha visto macinare chilometri da Nord al Sud del Paese: ambiente, pace, giustizia sociale, diritti civili, lotta alla mafia, lavoro.
“Domenica – spiega – siamo chiamati tutti a decidere se alzare gli stipendi di chi prende 4 euro l’ora: oppure li vogliamo alzare a chi prende 10 mila euro al mese? Dobbiamo decidere se abbassare le tasse e detassare le pensioni di chi prende mille euro al mese, o fare come Meloni che ha votato la Fornero. Dobbiamo decidere se la regola sono i contratti a tempo determinato, il jobs act o non invece che la regola siano i contratti a tempo indeterminato”.
Una stoccata non manca di assestarla al governo Draghi con l’elmetto: “Questa guerra, con quale via di uscita la stiamo affrontando? Vogliamo un negoziato o no? Il governo dei Migliori ci ha chiesto: volete la pace o i condizionatori accesi? La pace è uscita dai radar, abbiamo dovuti spegnere i condizionatori e ora dobbiamo spegnere pure il riscaldamento. Che gran successo!”.
Sull’ambiente Conte pone un interrogativo: “La svolta green la vogliamo solo a chiacchiere o vogliamo approfittare per correre verso il futuro delle rinnovabili?”. E della lotta per la legalità, storico cavallo di battaglia del Movimento, dal palco si fanno carico oltre a Bonafede due campioni dell’antimafia come l’ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho e l’ex magistrato Roberto Scarpinato, candidati entrambi col Movimento.
“Il M5S è l’unica formazione politica che ha parlato di lotta alle mafie, alla corruzione, all’evasione fiscale”, dice De Raho. Mentre Scarpinato punta il dito sulla vecchia politica che non vede l’ora di banchettare col Pnrr. Conte non manca di mandare frecciatine a “questo” Pd a cui Conte sogna di rosicchiare buona parte di voti domenica, tifando apertamente per un cambio al vertice del Nazareno, condizione indispensabile per poter riavviare quel dialogo chiuso “con questo attuale gruppo dirigente”.
Con il Pd “avevamo costruito un progetto politico identitario, progressista, autenticamente democratico. Abbiamo convinto il Pd a sottoscrivere il programma per non avere mai più inceneritori, poi sapete come è andata. Quando si dice che abbracci convintamente e lealmente la transizione ecologica…”.
E ne ha pure per gli ex compagni di viaggio che hanno lasciato il Movimento ammaliati dalle “sirene del sistema”. In piazza, tra gli attivisti, spuntano anche i volti degli ex parlamentari di Leu, Loredana de Petris (che ha dichiarato che voterà il M5S) e Stefano Fassina, nonché l’ex leader dei Verdi ed ex ministro Alfonso Pecoraro Scanio.