I sondaggi non si possono fare, ma ieri bastava guardare le piazze dove hanno chiuso la campagna elettorale i Cinque Stelle e il Pd per farsi un’idea: gremita quella di Conte, mezza vuota quella di Letta. Chiaro il programma dei pentastellati, basato su crescita sostenibile, welfare e ambiente, mentre dall’altra parte sembrava di stare su Scherzi a Parte, col segretario che parlava di equità sociale e il governatore della Campania, De Luca, che distruggeva il Reddito di cittadinanza, alla pari delle destre.
Così la sensazione finale in casa del Pd era quella di turarsi il naso per non far vincere la Meloni, mentre dai 5S si respirava a pieni polmoni, anche sull’onda di una campagna elettorale sorprendente, che ha visto Conte dominare sugli altri leader, sulle trappole televisive e nell’empatia con le persone comuni: quelle che non vanno ai comizi perché costrette dai partiti ma perché hanno ancora una speranza, forse l’ultima, che la politica si occupi di loro e non degli interessi dei soliti noti. E qui sta la chiave del successo di Conte: aver imposto la sua agenda, ignorando quella di Draghi o chicchessia.
Invece di accodarsi a chi veniva dato in vantaggio, il leader 5S ha costretto gli altri a misurarsi sulla povertà, sulla pace, sulle misure economiche fatte, come il Superbonus, e da fare, a partire dalla transizione ecologica. Siamo in quella che i 5S hanno definito “la parte giusta”, con un messaggio che è arrivato, pur senza disporre delle tv o della pubblicità fatta dagli altri anche con i soldi pubblici. E ora che è chiara qual è la parte giusta, l’ultima mossa tocca a noi, con il voto giusto.