Un referendum per abolire la legge elettorale truffa con cui andremo a votare anche il 25 settembre prossimo. È da tempo che l’ex ministro dell’Agricoltura e dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, lavora al progetto “probabilmente inevitabile visto che la politica ha sempre altro da fare, e così rischiamo di tenerci un sistema come il Rosatellum, che azzera il rapporto tra rappresentanti e rappresentati, favorendo l’astensionismo e il distacco dei cittadini dalla cosa pubblica”.
Leader politici come Salvini ripetono in ogni occasione che gli elettori vogliono sentir parlare di ridurre le bollette piuttosto che dei modelli elettorali.
“Un ottimo argomento per non restituire agli elettori il diritto di scegliere i loro parlamentari”, risponde Pecoraro Scanio, che ha letto l’intervista all’ex senatore del Pd Stefano Passigli (si veda La Notizia di ieri) e ne condivide i rischi, a cominciare dall’autoreferenzialità dei partiti.
“Diciamolo pure: oggi i cittadini non hanno scelta e possono eleggere i candidati scelti dai leader di partito sulla base della fedeltà o, se vogliamo essere sinceri fino in fondo, della cortigianeria”.
Una volta c’erano le preferenze e un sistema accusato di non garantire la governabilità. Ci volle un referendum per voltare pagina.
“E un altro referendum dovrà correggere gli eccessi a cui siamo arrivati in senso opposto se la politica continuerà a non affrontare la faccenda. Si tratta di un’estrema ratio, ma ricordo che sul Rosatellum si è espressa negativamente anche la Corte costituzionale, di fatto senza esito”.
Quando si propone di cambiare qualcosa si ha in mente un’alternativa. Qual è la sua?
“Un sistema equilibrato ce l’abbiamo già, ed è quello con cui votiamo alle europee, proporzionale con sbarramento al 4%. Ma il tema adesso non è quale modello adottare, ma restituire ai cittadini il potere di indicare i propri rappresentati alla Camera e al Senato, invece che costringerli a mandarci spesso persone senza alcun legame con i territori, paracadutate dai partiti da una parte all’altra del Paese”.
Le destre pensano al presidenzialismo.
“Un motivo di più per avere dei parlamentari dotati di quella autorevolezza che deriva da un forte consenso popolare. Una forza che permetterà di confrontarsi più efficacemente con un Esecutivo dotato di maggiori poteri”.
Un buon sistema di contrappesi è un problema per un governo che aspira ad essere forte. Questo spiega il motivo per cui le destre non ne parlano?
“Sicuramente, e non è un caso che oggi tra i maggiori leader solo Giuseppe Conte affronti apertamente il tema di come restituire ai cittadini il potere di eleggere chi vogliono, mentre le destre che sperano in una grande vittoria spostano altrove l’attenzione”.
Un referendum non si organizza su due piedi.
“Infatti, l’obiettivo è di cominciare a parlarne per poi raccogliere le firme nel 2023 e chiedere il voto degli italiani nel 2024. Da quello che si sente in giro, questo modello non piace a nessuno”.
I primi a criticarlo sono i partiti…
“Una critica di facciata, perchè poi non hanno fatto nulla per cambiare registro. E siamo sinceri: quale segretario di partito vuole rinunciare davvero a un potere così importante come quello di scegliersi i parlamentari? Ecco perchè ho più fiducia nella strada referendaria”.
In effetti negli ultimi anni non sono mancati gli appelli al Colle, al Parlamento e alla Corte costituzionale.
“Tutti caduti nel vuoto. Così siamo arrivati alle liste bloccate con cui voteremo tra breve, e se qualcuno non comincia a porre il problema rischiamo di trascinarci il Rosatellum chissà per quanto. Sempre che prima non si assista alla fuga completa degli elettori, stanchi di essere trattati come sudditi dai partiti”.