Il caro-bollette mette a rischio 881.264 micro e piccole imprese con 3.529.000 addetti, pari al 20,6% dell’occupazione del sistema imprenditoriale italiano. Lo rileva Confartigianato in un rapporto che evidenzia l’impatto sempre più vasto e pesante della folle corsa dei prezzi di gas ed elettricità sulle aziende di 43 settori.
Confartigianato lancia l’allarme: con il caro-bollette si rischia l’ecatombe. L’impatto dell’aumento dei prezzi sempre più vasto e pesante
Le attività più esposte alla minaccia del lockdown energetico e addirittura della chiusura sono quelle energy intensive: ceramica, vetro, cemento, carta, metallurgia, chimica, raffinazione del petrolio, alimentare, bevande, farmaceutica, gomma e materie plastiche e prodotti in metallo.
Ma i rincari dei prezzi dell’energia, sempre secondo il rapporto di Confartigianato, fanno soffrire anche altri 16 comparti manifatturieri in cui spiccano il tessile, la lavorazione del legno, le attività di stampa, la produzione di accumulatori elettrici e di apparecchi per uso domestico, di motori e accessori per auto, la fornitura e gestione di acqua e rifiuti.
Secondo l’analisi di Confartigianato, gli effetti del caro-bollette non risparmiano il settore dei servizi, con 17 comparti sotto pressione a causa dell’escalation dei prezzi di energia elettrica, gas e carburanti. Si tratta del commercio di materie prime agricole e di prodotti alimentari, ristorazione, servizi di assistenza sociale residenziale, servizi di asili nido, attività sportive come piscine e palestre, parchi di divertimento, lavanderie e centri per il benessere fisico.
“A questi – si legge ancora nel rapporto dell’associazione degli artigiani – si aggiungono i settori del trasporto colpiti dall’aumento del costo del gasolio: dal trasporto merci su strada ai servizi di trasloco, taxi, noleggio auto e bus con conducente, trasporto marittimo e per vie d’acqua. I rischi si estendono anche alla logistica, con attività come il magazzinaggio e le attività di supporto ai trasporti che subiscono pesanti rincari delle bollette per le attività di refrigerazione delle merci deperibili”.
La regione più esposta è Lombardia con 139mila aziende a rischio e 751mila addetti
A livello territoriale, la regione più esposta ai disastrosi effetti del caro-bollette sull’occupazione delle piccole imprese è la Lombardia: sono a rischio 139mila aziende con 751mila addetti. Non va meglio per il Veneto, dove a soffrire sono 77mila piccole imprese con 376mila occupati. Seguono a breve distanza l’Emilia-Romagna (72mila piccole imprese con 357mila addetti), il Lazio (79mila imprese e 304mila addetti), il Piemonte con 62mila aziende che danno lavoro a 262mila addetti, la Campania (77mila imprese con 240mila addetti), la Toscana con 63mila imprese e 228mila addetti, la Puglia (57mila piccole imprese e 177mila addetti) e la Sicilia (63mila imprese con 165mila occupati).
Granelli: “Rischiamo un’ecatombe di imprese. Servono interventi immediati”
Secondo il presidente di Confartigianato, Marco Granelli, “rischiamo un’ecatombe di imprese. Servono interventi immediati ma anche altrettanto rapide riforme strutturali per riportare i prezzi dell’energia sotto controllo e scongiurare una crisi senza precedenti”.
Tra le misure d’emergenza, Granelli indica “l’azzeramento degli oneri generali di sistema per luce e gas, la proroga e l’ampliamento del credito d’imposta sui costi di elettricità e gas per le imprese non energivore e non gasivore”.
Inoltre, sempre secondo il presidente di Confartigiana, “va fissato un tetto europeo al prezzo del gas e va recuperato il gettito calcolato sugli extraprofitti, per non aggravare la situazione del bilancio pubblico”.
Secondo Granelli, “vanno anche sostenuti gli investimenti in energie rinnovabili e nella diversificazione delle fonti di approvvigionamento, in particolare per creare Comunità Energetiche e per incrementare l’autoproduzione”.
“Tra gli interventi sollecitati da Confartigianato c’è “anche la riforma della tassazione dell’energia che oggi tocca il 51% della bolletta e che penalizza con maggiori oneri proprio le piccole imprese che consumano meno, in barba al principio ‘chi inquina paga’”.