Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, come vede la sanità in campagna elettorale? Centrale come dovrebbe essere?
“In campagna elettorale è “vietato” parlare di sanità. Eppure, ci sono di mezzo oltre 130 miliardi di spesa pubblica, l’attuazione del Pnrr, la gestione una pandemia che non molla la presa e presenta già il conto degli effetti a medio termine: recupero di prestazioni chirurgiche, ambulatoriali e screening, gestione del long-Covid, emergenza di bisogni di salute mentale”.
Quali sono le proposte che l’hanno colpita di più in positivo? Quali in negativo?
“A breve pubblicheremo l’analisi indipendente dei programmi dei partiti su sanità e ricerca. Quello che mi ha più colpito è la mancanza di una visione di sistema e la frammentazione delle proposte”.
Secondo lei è rimasta la consapevolezza, nella politica, di ciò che è stata la pandemia oppure anche nelle agende della politica ormai è “acqua passata”?
“Inizialmente tutte le forze politiche convergevano sulla necessità di rilanciare il Ssn che sembrava finalmente tornato al centro dell’agenda politica. Ma con la fine dell’emergenza la sanità di fatto è “rientrata nei ranghi”. Credo sia indispensabile rimettere (per sempre) la sanità al centro dall’agenda di Governo a prescindere dall’esito delle urne, perché il diritto costituzionale alla tutela della salute non può essere ostaggio di ideologie partitiche”.
A proposito di pandemia. La notizia ormai è scomparsa dai giornali e dai dibattiti. Come siamo messi? Che autunno ci aspetta?
“La discesa della quinta ondata si è ormai arrestata e, oscillazioni a parte, da un paio di settimane siamo in una fase di plateau. Ma la circolazione virale rimane elevata e i numeri sono destinati ad aumentare per vari fattori: ripresa delle attività lavorative, riapertura delle scuole, maggiore frequentazione dei luoghi chiusi, decadenza dell’obbligo di mascherina sui mezzi pubblici dal 30 settembre e le nuove regole sulla quarantena. Contagi a parte, è fondamentale somministrare la quarta dose ad over60 e fragili che, al momento, sono più di 15,2 milioni. I “vaccini aggiornati” sono in dirittura d’arrivo, ma non cambieranno poco la gestione e gli esiti della pandemia”.
C’è qualcosa che la preoccupa in particolare? Che vorrebbe chiedere al Governo?
“Sì, la mancanza del piano di preparazione per la stagione autunno-inverno, fortemente invocato dalla Fondazione Gimbe sulla scia delle raccomandazioni dell’Oms Europa: aumentare le coperture vaccinali (con tre dosi) nella popolazione generale; offrire la quarta dose alle persone a rischio dopo 120 dalla somministrazione della terza; promuovere l’utilizzo delle mascherine al chiuso e sui mezzi pubblici; areare gli spazi pubblici affollati, quali scuole, uffici, bar e ristoranti, mezzi di trasporto pubblico; applicare rigorosi protocolli terapeutici per le persone a rischio di malattia grave. In assenza di certezze su quando sarà operativo il nuovo Esecutivo, rischiamo di trovarci ad inseguire il virus per l’ennesima volta, compromettendo la salute delle persone più fragili”.
Per la scuola ancora una volta ci si affida a raccomandazioni come le finestre aperte e poco altro. Niente sulla ventilazione meccanica. Come ci si prepara ad affrontare l’inizio del nuovo anno?
“Siamo in linea con il best seller del compianto Marcello Orta “Io speriamo che me la cavo”. Peraltro, rispetto allo scorso anno scolastico. alcuni interventi di prevenzione risultano “spuntati”. Il tasso di copertura vaccinale nella fascia 5-11 è solo del 38,4%, le attività di tracciamento con una variante contagiosa come Omicron 5 sono di limitata efficacia e la misura del distanziamento avrà effetti modesti. Purtroppo, i sistemi di ventilazione meccanica controllata rimangono un lontano miraggio e l’obiettivo di migliorare la qualità dell’aria viene affidato ancora una volta al protocollo “finestre aperte. Che quest’anno, oltre che con l’inverno, dovrà fare i conti con la crisi energetica”.
La colpisce che i no vax siano diventati una vera e propria forza politica che potrebbe superare lo sbarramento?
“Assolutamente no, considerata la visibilità mediatica offerta a “medici” no-vax”.
Il sistema sanitario intanto è al collasso. Come si potrà intervenire? Qual è lo stato attuale e lo scenario futuro?
“Il Ssn era già “malato” prima della pandemia: tagli, sprechi, privatizzazione strisciante, tetto di spesa per il personale, conflitto istituzionale Stato-Regioni. La pandemia ha sì portato tanti soldi, ma sono stati spesi tutti per la sua gestione e non per il rafforzamento strutturale del Ssn. E i problemi del 2019 sono sempre lì, con l’aggravante che il personale sanitario è ulteriormente depauperato e sempre più demotivato. Peraltro, senza coraggiose riforme e investimenti sulla spesa corrente per il personale temo che gli investimenti del Pnrr finanzieranno solo un costoso lifting del Ssn”.
Mastrangelo (Lega) propone di togliere soldi alla sanità per darli allo sport, Meloni parla di devianze riferita a certe malattie: si passa dal diritto di cura al dovere di essere sani?
“La società del benessere ha imposto stereotipi che non coincidono con il mondo reale. Indubbiamente prevenire è sempre meglio che curare, ma la programmazione sanitaria è una cosa seria e la prevenzione rimane la sorella povera dei Livelli Essenziali di Assistenza. Che non può basarsi su slogan acchiappavoti”.
Cosa ne pensa dei virologi che hanno deciso di impegnarsi in prima persona? Può essere un boomerang per la credibilità della scienza o è una buona notizia?
“È difficile rimanere indipendenti se ci si espone politicamente in prima persona, perché se la scienza non deve piegarsi alle esigenze della politica, la politica richiede flessibilità. E può arrivare il momento in cui bisogna scegliere da che parte stare”.
Quale riforma servirebbe subito per la sanità?
“Bisogna ripartire dal capitale umano. Investire sul personale sanitario, con adeguate politiche di retribuzione e di programmazione del fabbisogno e coraggiose riforme su formazione e valutazione delle competenze professionali e manageriali”.
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