Spendere e spandere per raccattare qualche voto, anche al costo di dire qualche baggianata o di scimmiottare qualche altro politico. Questa sembra essere l’unica strada che i partiti italiani perseguono in questa surreale campagna elettorale sotto l’ombrellone, con l’unica eccezione del Movimento 5 Stelle che, invece, sta facendo una campagna elettorale a costo zero in cui a farla da padrone non sono slogan sparati o promesse irrealistiche ma i fatti e l’idea di Paese di Giuseppe Conte & Co.
In campagna elettorale i partiti sprecano i soldi degli italiani, i 5S no
Insomma per il Movimento contano i risultati e i valori. E in un certo senso si può dire che anche per questi motivi che la campagna elettorale dell’avvocato del popolo è morigerata e chirurgica, all’opposto di quelle faraoniche e roboanti degli avversari. Già perché storicamente i pentastellati nascono come qualcosa di nuovo e dirompente rispetto alla vecchia politica, quest’ultima sempre uguale a sé stessa e incapace del benché minimo cambiamento.
Una visione che ha spinto Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, già all’atto di formazione del Movimento, a decidere che, in netta controtendenza con quanto facevano – e tutt’ora fanno – gli altri partiti, i soldi dei cittadini e dello Stato non dovevano essere arraffati e sperperati senza criterio. Anzi proprio alla fondazione dei Cinque Stelle è stato deciso l’esatto opposto ossia rinunciare a ogni forma di finanziamento pubblico per preferire la restituzione di tali denari – grazie al taglio degli stipendi dei parlamentari – in modo da essere destinati ad un uso più produttivo e socialmente utile.
Questo criterio distintivo è rimasto e rimarrà nel dna del Movimento tanto che soltanto di recente – e con non poca discussione interna – il partito ha deciso di aprirsi alle donazioni volontarie, il famigerato 2×1000. Si tratta di una forma di finanziamento che in Italia è entrata in vigore sin dal 2013 ma che fino a inizio 2022 il M5S ha sempre evitato, malgrado – è bene ricordarlo – la sua natura è di tipo volontario.
Un contributo variabile, spesso legato ai risultati o all’appartenenza politica, che tutti gli altri partiti riscuotono e sperperano da un decennio mentre il Movimento ha già fatto sapere che quando nel 2023 inizierà a percepirli, poi li userà con criterio e soprattutto in modo trasparente.
Marginalizzati dai poteri forti
Quella che si sta delineando in queste settimane è comunque una campagna elettorale a tratti surreale. Non tanto per essere un inedita battaglia estiva ma soprattutto perché sembra quasi che si stia facendo a gara nel marginalizzare i pentastellati, al punto che quando va bene vengono relegati al ruolo di comparse. Che le cose stiano così lo si capisce facendo zapping in tv dov’è pressoché impossibile imbattersi in qualche pentastellato.
E non cambia la situazione guardando agli eventi elettorale, l’ultimo di questi è stato il meeting di Rimini, in cui si assiste al confronto tra i vari leader ad eccezione di Conte che non viene neanche invitato. Insomma una strategia atta a snobbare il 5S, probabilmente nella speranza di farli tracollare, che non solo è destinata a fallire ma che, soprattutto, ignora e danneggia una larga fetta di popolazione.
Sondaggi alla mano non parliamo di un partito che galleggia attorno al 3% ma di una forza che si attesta ben oltre il 10% e che contende alla Lega il ruolo di terzo partito d’Italia.