di Maurizio Grosso
Scontro alla Procura di Milano sulla gestione di alcune indagini relative a reati fiscali. Al centro del giallo è finito il pool di pubblici ministeri che si occupa di reati fiscali e finanziari, coordinato da Francesco Greco. Al gruppo sarebbero state imputate modalità di svolgimento delle indagini non adeguate. E così è scattata quella che tecnicamente di chiama “avocazione” delle inchieste da parte della procura generale (in pratica la procura ha tolto la titolarità al pool). Nel mirino, in particolare, ci sarebbero sette procedimenti fiscali, riguardanti società non particolarmente conosciute. In un caso, secondo quanto è stato possibile ricostruire, le verifiche riguarderebbero una presunta frode fiscale milionaria di una società brianzola che opera nel settore dell’arredamento e che avrebbe utilizzato per evadere le tasse una società ad hoc in Lussemburgo. Per questa, come le altre inchieste, la procura generale ha proceduto all’avocazione. Certo è che un’operazione così vistosa su un pacchetto di indagini fiscali non poteva non dare nell’occhio. Anche perché al vertice del pool c’è un magistrato storico della procura di Milano come Francesco Greco.
I numeri
Le procedure di avocazione, in particolare, sono state attivate dopo che il gip non ha accolto le istanze di archiviazione fissando un’udienza. Dall’ufficio della Procura si fa sapere che all’anno vengono gestiti seimila fascicoli per reati fiscali e societari. Come dire: solo sette procedimenti su seimila sono davvero pochi. Da quanto risulta, però, non era mai successo a Milano che nel giro di pochi mesi, a partire dalla scorsa primavera e fino a qualche giorno fa, la Procura Generale, in qualità di organo di controllo sull’operato del pm, adottasse così tanti provvedimenti di avocazione. In più, come è stato riferito negli ambienti giudiziari milanesi, le avocazioni avvenute dopo richieste di archiviazione da parte della procura sono rarissime. Un elemento in più che fa riflettere su come, in ogni caso, a Milano si sia creato un caso di non poco conto.
Le pratiche
Tra l’altro i fascicoli, come è stato fatto notare, erano stati inseriti nel registro delle indagini in seguito alle segnalazioni dell’Agenzia delle Entrate e, in almeno un caso, dell’apposito ufficio grandi contribuenti. Sta di fatto che, da quanto si è saputo, la Procura generale ha disposto le avocazioni delle indagini, tutte in capo al primo dipartimento della procura (quello per i reati societari e fiscali), perché ha ritenuto che gli inquirenti non avessero svolto la loro attività i modo adeguato prima di arrivare a chiedere l’archiviazione.
Le posizioni
In Procura, comunque, stanno cercando di gettare acqua sul fuoco. Dopo aver fatto notare che i sette casi avocati (a cui se ne aggiungono altri due meno rilevanti e che hanno seguito un percorso diverso) sono ben poco rispetto ai seimila fascicoli che ogni anno vengono trattati dal pool reati societari e fiscali, è stato anche segnalato che nei primi cinque mesi di quest’anno il primo dipartimento (coordinato da Greco) ha inoltrato all’ufficio del gip circa 1.600 richieste di decreto penale di condanna per reati fiscali e ha indagato su importanti società fino ad arrivare a sequestri imponenti come gli 1,2 miliardi di euro alla famiglia Riva dell’Ilva di Taranto. Infine, è stato spiegato che c’è una selezione delle indagini sui reati fiscali da avviare all’archiviazione: uno dei criteri per chiudere il fascicolo è valutare l’avvicinarsi della prescrizione. Ma il giallo rimane. E nei prossimi giorni dal caso potrebbero emergere altri dettagli al momento avvolti nel mistero.