Il nucleare? “Assolutamente non è un’alternativa valida. Ma le dico di più: non lo è non solo in termini ambientali, ma anche, e forse soprattutto, economici. A chi continua a proporlo come utile per la transizione ecologica e per contrastare la crisi climatica, ricordiamo che la partita si giocherà nei prossimi 5 o 6 anni, ossia in tempistiche del tutto incompatibili con quelli dell’accensione di nuove centrali. Ciò conferma il mio timore relativo al fatto che a molti dei sostenitori indefessi dell’atomo, in realtà non interessi nulla di ciò che dice la scienza sull’emergenza climatica”. Non usa giri di parole Annalisa Corrado, una delle maggiori esperte di transizione ecologica nel nostro Paese, portavoce di Green Italia e responsabile delle attività tecniche del Kyoto Club. “Le faccio un esempio soltanto”.
Mi dica.
Pensi alle scorie: sono un problema certamente ambientale. Ma anche se volessimo affrontare il discorso in termini economici lo sono. Di fatto sul nucleare è impossibile avere un business plan chiuso: noi oggi sappiamo che possiamo accumularle per svariate generazioni, ma non sappiamo ad esempio come smaltirle né soprattutto con quali costi. E, ancora, ci sono le spese che crescono enormemente per realizzare le centrali: oggi tutti i Paesi che stanno costruendo impianti stanno affrontando costi lievitati a dismisura. Senza dimenticare che il nucleare non risolve il problema della “dipendenza” dai Paesi che hanno l’uranio, di cui noi siamo sprovvisti.
Dal centrodestra al Terzo Polo, però, è tutto un parlare della necessità di investire sul nucleare, specie alla luce del “caro bolletta”.
È tutto giocato sulla comunicazione di pancia: far leva sui problemi reali delle persone offrendo però soluzioni che non costituiscono in alcun modo una vera soluzione. Realizzare centrali nucleari non risolve ovviamente la questione immediata dell’aumento delle bollette. Innanzitutto faccio presente che le bollette stesse sono impazzite anche laddove c’è il nucleare, e basterebbe questo per smontare le posizioni di chi crede che questo tipo di sistema di generazione di energia corrisponda ad una bacchetta magica.
Lei invece è una grande sostenitrice delle rinnovabili. C’è però chi come Calenda dice che è inutile parlarne perché non c’è possibilità di stoccaggio.
Guardi, questa è un’obiezione novecentesca. Per fortuna la scienza e la tecnologia sono andate e vanno tuttora avanti a ritmo incalzante, a differenza di certa politica. Oggi abbiamo sistemi per la gestione dinamica di domanda e offerta di energia all’avanguardia. E, oltre ai sistemi tradizionali come i pompaggi, sempre di più, sul mercato arrivano sistemi di accumulo performanti, a basso costo e iper competitivi. E anche sulle batterie ci sono importanti innovazioni che ci dicono che possiamo superare anche il litio.
C’è sempre però l’idea che le rinnovabili non siano convenienti dal punto di vista economico…
Anche questo è falso. Le do alcuni dati: dal 2010 al 2021 i costi del fotovoltaico sono crollati dell’88%; di oltre il 60% per l’eolico a terra e galleggiante offshore. Sono poi energie le cui tecnologie sono ormai stabili e affidabili. Ecco perché la transizione ecologica non è solo un dovere ambientale, ma conviene.
Ma allora perché c’è chi ritiene che non sia così, che è meglio insistere sul nucleare piuttosto che sul green?
La mia personale idea è che la transizione ecologica è un processo ad altissimo tasso di democratizzazione; cambia dunque un modello basato oggi sull’accentrabilità dei profitti che ne derivano. Pensi alle comunità energetiche: parliamo di una rivoluzione anche da un punto di vista culturale e soprattutto economico e sociale. Questo forse spaventa qualcuno, soprattutto i grossi portatori di interessi “centralizzati” in campo energetico. Ecco, il nucleare è un’apertura al vecchio modello di intendere l’energia e di farne profitto.
Per le prossime politiche ci sono due alternative distinte. Cosa pensa delle proposte del centrodestra e del Terzo Polo?
A quanto finora noto, da un punto di vista energetico, le due proposte sostanzialmente si equivalgono. Io rabbrividisco davanti a un centrodestra che dice che la transizione ecologica sarà un bagno di sangue e che il Green New Deal deve essere rinviato o sospeso per affrontare la crisi energetica. Ci viene detto che non possiamo permetterci la transizione ecologica, quando la realtà è esattamente il contrario: non possiamo assolutamente permetterci di non farla. Il problema però è che il nostro Paese non è stato determinato neanche in questi ultimi anni.
Non ritiene efficace il lavoro del ministro Cingolani?
Esatto. Praticamente, al di là del cambio del nome al ministero, nulla è stato fatto per la transizione ecologica. E forse non è un caso che il centrodestra vorrebbe, come qualcuno ha detto, riconfermare Cingolani.
Il centrosinistra invece, sulla spinta europea, non ha nel programma alcun riferimento al nucleare.
Io credo che il fatto che si sia rotto il patto con Calenda sia stato un elemento di chiarezza sulla politica energetica e una importante opportunità per provare a cambiare passo: inutile negare che anche nel Pd ci siano fasce che sarebbero state più d’accordo con Calenda, ma credo che la candidatura di figure indipendenti come Elly Schlein e Rossella Muroni siano un segno importante di apertura verso un’ecologia nuova, pragmatica, moderna e innovativa.
E dei 5 stelle cosa pensa?
Anche loro sono contrari al nucleare e, almeno a parole, hanno sempre messo al centro la transizione ecologica. A loro si devono spunti importanti come il superbonus (poi gestito malissimo, purtroppo) ma su tantissimi fronti non sono riusciti a mettere a terra la decantata transizione. Rispetto alla minaccia concreta di una destra al governo, io spero che tra PD e 5S, in ogni caso, si possa arrivare a una convergenza, magari proprio a partire dai temi ambientali. Anche qui ci sono candidature importanti come quella di Livio De Santoli: parliamo di persone serie e competenti che conoscono bene le potenzialità della transizione ecologica. Mi auguro che, partendo anche da questi nomi, il Movimento possa ritrovare la sua vocazione originaria e smettere di seguire facili consensi sui territori alimentando il temibile “nimby”, che blocca ogni iniziativa.