Elezioni senza emozioni. Dal Partito democratico che è riuscito a scontentare tutti, alle destre che hanno fatto a gara per riesumare vecchi dinosauri della politica e tecnici riciclati.
Sfogliando le liste elettorali appare evidente che i tradizionali partiti italiani hanno presentato ben poche novità e si sono rivolti al cosiddetto usato sicuro.
L’eccezione M5S alla regola generale
Un panorama desolante in cui, è bene sottolinearlo, l’unica anomalia è il Movimento 5 Stelle che, forte della regola del doppio mandato, è riuscito a sottrarsi a questo scenario stantio.
E lo ha fatto ricorrendo alla democrazia 2.0, veicolata dall’online e accessibile a tutti, attraverso lo strumento delle parlamentarie che, tra le altre cose, ha evitato di assistere al fenomeno dei nomi calati dall’alto che i partiti tradizionali, contrariamente da quanto sostengano pubblicamente i rispettivi leader, non vogliono affatto abbandonare.
Tra usato (sicuro?) e déjà vu
Meccanismo per il quale, tanto per capirci, nelle liste di Fratelli d’Italia sono finiti tre ex ministri, come Giulio Terzi di Sant’Agata, alla Farnesina durante il Governo Monti, Giulio Tremonti, titolare del super dicastero dell’Economia dei Governi Berlusconi, e Antonio Guidi, già ministro della Solidarietà sociale nel primo esecutivo del Cavaliere.
Insomma si tratta di nomi pesanti, nonché di esperienza, ma che suscitano l’effetto déjà vu visto che rimandano a un tempo passato e che si pensava non sarebbe più tornato.
E invece niente, i partiti tradizionali non sembrano capaci di voltare pagina e andare avanti aprendosi al futuro.
Liste in cui è accaduto davvero di tutto anche l’impensabile visto che la Lega di Matteo Salvini è riuscita a scippare Antonio Angelucci, editore di Libero e di il Tempo, a Forza Italia, per candidarlo alle prossime elezioni.
In uno scenario simile non poteva mancare neanche il fenomeno dei big ‘paracadutati’ in collegi sicuri per blindarne l’elezione ma che, com’è facile intuire, hanno fatto storcere la bocca a molti che non hanno avuto altrettanta fortuna.
Qui a farla da padrone è il Partito democratico di Enrico Letta – anche se Forza Italia lo tallona da vicino – che è riuscito nell’incredibile risultato di fare un gigantesco pastrocchio.
Scontentando tutto e tutti come dimostrano le infinite polemiche di dem delusi per la gestione delle liste da parte del segretario.
Numeri da circo nel Centrosinistra
Sfogliando gli elenchi del Pd ci si può imbattere nell’ex sindaco di Torino, Piero Fassino, il quale non correrà nella sua regione ma in Veneto come secondo nome al proporzionale, oppure nel ministro della Salute, Roberto Speranza, potentino ma che sarà schierato come capolista nel collegio proporzionale di Napoli.
Una campagna elettorale surreale in cui tutti hanno fatto e detto qualsiasi cosa. In tal senso è eclatante il caso di Carlo Calenda che prima si è alleato al Partito democratico di Letta, poi dopo 48 ore ha rotto l’accordo preferendo stringerne uno analogo con Italia Viva.
Già proprio quel partito guidato da Matteo Renzi che il leader di Azione ha spesso e volentieri giudicato come “inaffidabile” tanto da aver giurato e spergiurato, sia sui giornali che in tutte le televisioni, che mai e poi mai avrebbe stretto un’alleanza con il senatore toscano.
Ma evidentemente Calenda deve aver cambiato idea. Ma Carlo è notoriamente un tipo frizzante e, infatti, dopo aver rotto con Letta, ha iniziato a sparare quotidianamente sul Partito democratico, letteralmente accusando i dem di ogni nefandezza.
Peccato che la coerenza non sia di casa visto che Azione, a dispetto di quanto dica il suo leader, malgrado le sferzate ha comunque scelto di stringere un accordo elettorale con il Pd per correre insieme in Trentino Alto-Adige.
Insomma questa è la prova di come nel terzo polo – come anche nel Pd – le idee siano poche e spesso confuse.
Ma soprattutto dimostra come tutti i loro sforzi sono concentrati non tanto sul creare una qualche forma di alleanza politica da contrapporre allo strapotere delle destre, quanto semmai al tentativo di raccattare qualche poltrona in più.