di Stefano Sansonetti
L’operazione sta andando avanti sotto traccia. In ballo c’è un problema che diventa ogni giorno sempre più grande. La Cassa Depositi e Prestiti, il jolly che viene sempre tirato in ballo per mettere una pezza a tutte le falle del sistema economico italiano, corre il rischio di diventare sempre di più un gigante con i piedi di argilla. A tal punto da rendere inutili i tentativi di un suo coinvolgimento nell’acquisto di altre partecipazioni per difendere i residui campioni nazionali (si pensi all’universo Finmeccanica). In questi giorni la spa, controllata all’80% dal ministero del Tesoro, ha preso di mira le ricche riserve di Sace, società di assicurazione dei crediti all’export che la stessa Cdp ha inglobato. Il motivo? La Cassa, presieduta da Franco Bassanini, ha un disperato bisogno di rafforzare il suo patrimonio netto, che in base all’ultima semestrale ammonta a 17,5 miliardi. Troppo poco, per una società che nel frattempo ha acquisito partecipazioni che valgono ben 33 miliardi di euro (tra le tante Eni, Terna, Snam, Simest, Sace, Fintecna). In nessun’altra banca sarebbe consentito uno squilibrio del genere, con un patrimonio che vale la metà delle partecipazioni. E’ questione di capacità di far fronte ai rischi con risorse appropriate. Anche perché la ricchezza della Cassa è rappresentata dal risparmio postale che però appartiene agli italiani (236 miliardi di euro). La questione, peraltro, è già stata messa in evidenza da un’ispezione della Banca d’Italia passata praticamente sotto silenzio.
L’operazione
Ecco allora, secondo quanto risulta a La Notizia, l’ultima mossa della Cdp: puntare dritto alle riserve della controllata Sace, un tesoretto che vale 2,6 miliardi di euro. Risorse che, in parte, potrebbero essere utilizzate dalla controllante (Cdp) per rafforzare il suo patrimonio. La Notizia, naturalmente, ha chiesto lumi a entrambe le società. Sace ha opposto un semplice “no comment”. Dalla Cassa, invece, è arrivata una secca smentita: “Non è un filone che si sta seguendo”. In realtà il dossier è più aperto che mai è ha un precedente: Fintecna, la ex finanziaria del Tesoro, anch’essa finita nella pancia della Cdp. Circa cinque mesi fa, come riportato da questo giornale (vedi il numero del 2 maggio 2013), la Cassa ha “aspirato” da Fintecna 500 milioni di liquidità. Il medesimo canovaccio, come confermano autorevoli fonti, si sta seguendo con Sace. A tal proposito viene citato anche il report con cui Fitch ha confermato il rating di Sace a livello A- (più dello stato italiano e della Cdp), dopo aver valutato l’evoluzione della redditività della società assicurativa e il cambiamento nella sua struttura. Come dire che il report aprirebbe la strada a un intervento sulle laute riserve di Sace.
Le critiche
Del resto la censura più dura, sul punto, è arrivata un anno fa proprio dalla Banca d’Italia, che con una serie di ispezioni non ha mancato di stigmatizzare lo squilibrio tra patrimonio e partecipazioni. Certo, la Cassa non è una banca come le altre. Ma è pur sempre soggetta a una vigilanza speciale di palazzo Koch. Nel frattempo, però, Bankitalia ha trovato la sponda della Cassa per traferire al Fondo strategico della Cdp il 4,5% un tempo detenuto da via Nazionale in Generali. Operazione resa necessaria dal fatto che la banca centrale, tramite l’Ivass, esercita anche la vigilanza sulle assicurazioni. E delle famose ispezioni non si è sentito più parlare. Resta il fatto, come teme la Cdp guidata dal “bazoliano” amministratore delegato Giovanni Gorno Tempini, che altre banche (magari estere) potrebbero far notare lo squilibrio e portarlo all’attenzione delle varie Authority.
Chi sale e chi scende
In questi giorni, infine, ai piani alti della Cdp si registrano alcuni movimenti. Alessandro Castellano, ad di Sace, pare destinato a diventare direttore generale della Cassa, con delega alle imprese. Sarebbe così in procinto di affiancare l’altro dg, Matteo Del Fante, che si occuperà di infrastrutture. Divisione che, a quanto pare, non sarebbe molto gradita da Del Fante.