Mentre a sinistra si fanno e si disfano poli e coalizioni, la destra perlomeno corre spedita con il programma elettorale. Il tavolo, lanciato a fine luglio con tutti i partiti della coalizione, si è chiuso con un documento di 15 punti che è già stato sottoposto ai leader.
Mentre a sinistra si fanno e si disfano poli e coalizioni, la destra perlomeno corre spedita con il programma elettorale
Ovviamente per rompere – come abbiamo visto in tutta l’attuale legislatura – c’è tempo dopo le elezioni. Intanto però ecco arrivare la prima bozza di “Italia domani” – così si chiama il programma, ricalcando la testata scelta da Draghi per il portale sul Pnrr.
Come tutti i programmi, dentro c’è l’antologia delle buone intenzioni, anche perché le grandi contraddizioni della coalizione poi le interpretano i leader. Dunque il primo punto, e cioè la scelta di campo internazionale (l’Italia parte dell’Europa, della Nato e dell’Occidente) applicato da Berlusconi va in una direzione, mentre dalla Meloni o da Salvini decisamente un’altra.
Meloni: “Noi vogliamo un’Italia saldamente nella Nato”
“Noi vogliamo un’Italia saldamente nella Nato. Questo – ha detto a Panorama la leader di FdI, Giorgia Meloni – non ci impedisce di lavorare per un’Alleanza più equilibrata, che sia protagonista di pace, sicurezza e stabilità mondiale e che tenga a bada certi avventurismi tipici dei Democratici americani. I Balcani occidentali sono un’area strategica per l’interesse nazionale italiano, la Serbia è un Paese amico, candidato all’adesione all’Ue e da sempre in relazioni strette con la Russia. Polarizzare la situazione in quell’area rischia di portare a scenari inimmaginabili e bisogna evitarlo a tutti i costi, abbiamo bisogno di unire e di non lasciare nessuna nazione europea nell’orbita di Mosca”.
Seguono la riforma del presidenzialismo e la lotta all’immigrazione irregolare, affidata ai decreti Sicurezza di salviniana memoria e a un generico blocco degli sbarchi. È sparito però quello navale, sempre evocato dalla Meloni. Nero su bianco pure il taglio del cuneo fiscale e la flat tax, ma senza indicare la percentuale dell’aliquota, probabilmente per evitare scontri su promesse che pesano sui conti pubblici e quindi difficili da mantenere.
Flat tax, Forza Italia: “Sarà nel programma dei cento giorni”
In particolare, a chiedere la tassa piatta al 23% è Forza Italia (“Sarà nel programma dei cento giorni”, ha assicurato ancora ieri Berlusconi a Radio 24), mentre la Lega insiste sul 15% chiedendo di estenderla ai lavoratori dipendenti. Una promessa elettorale smontata dal sindaco di Milano, Beppe Sala: “È economicamente insostenibile per un Paese già enormemente indebitato. Non credete a queste balle”. Matteo Salvini però non demorde e cita i 2 milioni di lavoratori che hanno già questo sistema fiscale, cioè le partita Iva.
Programmi e passerelle a parte, a impegnare i partiti sono le candidature, che a destra sono sostanzialmente definite sui numeri ma non sui nomi. “Ci arriviamo a cavallo di ferragosto” promette il leader della Lega, con l’unico impegno che sicuramente rispetterà, ma solo perché il 14 agosto è la deadline per presentare i simboli elettorali ed entro il 21 agosto vanno presentate le liste dei candidati.
Qui c’è comunque da risolvere un’ultima rogna: la partita sui collegi uninominali dei centristi, che chiedono più degli 11 collegi accordati e potrebbero unirsi in un’unica lista raggrupperebbe Udc, Coraggio Italia, Noi con l’Italia e Italia al centro.
Berlusconi conferma il suo obiettivo del 20% e scioglie la riserva: “Mi candido al Senato”
In ogni caso nel centrodestra si respira ottimismo, sia per effetto del caos a sinistra sia per i sondaggi favorevoli. Tanto che Silvio Berlusconi conferma il suo obiettivo del 20% e scioglie la riserva sulla sua candidatura al Senato.
Ieri intanto Antonio Tajani ha presentato il nuovo simbolo del partito, senza aggiungere commenti sulla premiership contesa da Salvini e Meloni. Ma proprio il nuovo simbolo (con l’aggiunta della scritta Partito popolare europeo per rilanciare l’anima moderata ed europeista del partito) marca le distanze da entrambi i leader sovranisti.
A scanso di equivoci Salvini però rispolvera l’accordo che segue la regola del centrodestra sin dal 2018: “La Meloni sarà premier se prende un voto in più nella coalizione”, dice, aggiungendo che Palazzo Chigi toccherà a lui se invece la supererà. Per ora meglio non aggiungere altro. Per rimangiarsi tutto c’è tempo dopo il voto.